A tutti coloro che hanno a cuore le sorti del sistema giudiziario nel nostro Paese suggerisco caldamente la lettura dell’ultimo libro di Alessandro Barbano (La gogna, Marsilio, 2023), il cui sottotitolo (la notte della giustizia italiana) è già indicativo della materia incandescente di cui quel libro tratta: vi si descrive infatti – son parole dell’Autore – “la ragnatela investigativa che soffoca il sistema della giustizia italiana” arrivando, di regola, a tradurre in arbitrio la discrezionalità che il potere giudiziario vuole a tutti i costi mantenere pur avendo dimostrato più volte di averla piegata, imperniandola sull’equivoco di parole captate male e declinate peggio.
Ad aggravare questa situazione, non proprio degna del Paese di Beccaria, si aggiunge l’uso spregiudicato dei mezzi di comunicazione di massa da parte di Procure che si ostinano a non riconoscere il diritto alla presunzione di innocenza imposto dalle direttive europee e, prima ancora, dalla Costituzione Italiana: ma si sa, la Costituzione può essere letta in tanti modi, visto che – anziché regole di condotta – detta principi dalla cui combinazione possono emergere i risultati più diversi, quando non addirittura opposti.
Senza voler anticipare ai lettori il contenuto di questo libro, che sta mettendo a nudo la profonda ingiustizia del nostro sistema penale – in tutti i suoi aspetti – mi limito a segnalare, almeno per coloro che sono allergici all’integrale lettura dei testi loro indicati, due capitoli: il terzo (dove si spiega perché non tutte le indagini siano uguali) e l’ultimo, il più allarmante, intitolato “dove tutto cambia perché tutto torni com’era prima”.
Il messaggio che traiamo da questa lettura non è certamente tranquillizzante, ma quel che più spaventa è la netta sensazione di essere in presenza di un potere autoreferenziale che continua a non pagare per i danni che infligge ad una collettività sempre più disorientata rispetto alla questione-giustizia di cui quotidianamente parla da trent’anni a questa parte.
Eppure non mancherebbero gli strumenti per ricondurre quel potere all’interno di dinamiche fisiologiche entro le quali poterlo correttamente esercitare.
L’ordinamento giudiziario italiano prevede infatti diversi rimedi contro comportamenti dei magistrati che possano essere considerati viziati da sviamento.
Ecco alcuni dei principali strumenti a disposizione:
- Procedimenti disciplinari: anche i magistrati sono soggetti a un codice di condotta professionale. Se violano quel codice, possono essere disciplinarmente incolpati e ricevere quindi sanzioni che vanno dalla censura fino alla rimozione dalla carica.
- Denunce penali: ove il comportamento di un magistrato costituisca reato (come nel caso di corruzione o abuso d’ufficio), è possibile presentare una denuncia da cui scaturisce l’obbligo di procedere nei confronti del denunziato e questo può portare all’apertura di un procedimento penale nei confronti del magistrato che ne sia oggetto.
- Vigilanza: L’Ispettorato del Ministero della Giustizia può indagare sui comportamenti dei magistrati, in particolare nei casi di sospette irregolarità o abusi.
- Ricorsi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: Se si ritiene che l’azione di un magistrato abbia violato i diritti garantiti dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, è possibile presentare un ricorso alla omonima Corte; passeranno anni, ma la giustizia sarà, prima o poi, assicurata.
Questi strumenti rappresentano un sistema di controlli e bilanciamenti volto a far sì che anche i magistrati agiscano in modo equo, imparziale e conforme alla legge.
Sorprende dunque che – almeno in presenza dei fatti denunciati da Alessandro Barbano – né il Parlamento, né il Governo abbiano finora attivato minime misure di controllo sulla regolarità delle iniziative oggetto di quel libro e questo è un vero peccato, perché si sta sprecando una delle più evidenti occasioni a disposizione del sistema politico per riequilibrare le dinamiche della divisione dei poteri.
È però soddisfacente notare come esista ancora qualcuno che, sapendo ben tener la penna in mano, abbia deciso di non voler rassegnarsi a questo stato di cose.