Nel momento in cui, per ben precisi motivi, il mondo femminile è diventato oggetto di approfondite analisi e riflessioni da parte di sociologi, politici, operatori giuridici e, purtroppo, anche degli investigatori, una luce particolare accende sul modo femminile il recente rapporto dell’Inapp-Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche. Dal documento dell’Inapp, che ha essenzialmente ad oggetto l’analisi dei rapporti di lavoro e la relazione che sussiste tra il lavoro femminile e quello maschile, emerge un quadro a dir poco desolante.
La nostra Costituzione, dopo aver posto il principio fondamentale, secondo cui l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, al successivo art. 37 dispone che la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Prosegue ancora la Costituzione, disponendo che le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.
Orbene, dai dati dell’Inapp si desume che nessuno di questi principi informa il settore del mondo del lavoro.
La percentuale di donne ed uomini al lavoro è di quaranta sessanta: ma ciò non basta, perché le assunzioni di lavoratrici normalmente induce il datore di lavoro ad imporre alla lavoratrice delle clausole contrattuali estremamente sfav
Come può constatarsi, dunque, il mondo femminile del lavoro, a causa di condizionamenti reali, ha assunto una fisionomia che lo allontana del tutto da quello che, come si è visto, era il modello delineato dalla Costituzione.
Il dato è ancora più grave, poiché, come ha avuto modo di osservare la Rettrice dell’Università La Sapienza di Roma, Antonella Polimeni, oggi esiste nel nostro Paese una platea di donne sempre più qualificate. Attualmente sono le donne ad iscriversi in maggioranza all’università ed a laurearsi con voli alti e nei tempi previsti dalla legge.
Se le cose stanno così, la situazione del mondo lavoro della donna continua ad essere condizionato da vieti convincimenti: alludo alla diffusa convinzione che la produttività femminile possa subire un decremento per impegni personali o per la decisione della maternità.