I Paesi Arabi produttori di petrolio proprio non ci stanno a firmare un accordo vincolante che sancisca l’uscita dalle fonti inquinanti, per quanto graduale. Eppure questa era l’ultima occasione volendo mantenere in vita l’obiettivo di contenere l’aumento delle temperature medie a 1,5 gradi centigradi prima che sia troppo tardi, come ha ricordato anche l’inviato americano John Kerry. Se i Paesi ricchi come Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Germania e Canada, le cui economie dipendono meno dall’estrazione di fonti fossili, cominciassero da subito a eliminarne gradualmente l’estrazione entro il 2031, l’obiettivo di Parigi potrebbe ancora essere raggiunto. Ma in ogni caso, per la salvezza del Pianeta, l’estrazione di carbone, petrolio e gas deve necessariamente cessare in tutto il mondo entro il 2050.
L’opposizione è venuta da tutti i Paesi membri dell’Opec, a cominciare dall’Arabia Saudita, principale esportatore di petrolio al mondo, e dall’Iraq. I ministri arabi apparentemente non ne fanno solo una questione economica, ma anche ideologica. Secondo il ministro del petrolio kuwaitiano, Saad al-Barrak, la pressione dei Paesi occidentali è un “attacco aggressivo” e un tentativo di dominare l’economia globale attraverso le energie rinnovabili. Non firmare l’accordo, rappresenta, dunque, “una lotta per la nostra libertà e i nostri valori”. Il testo proposto dalla presidenza della Cop 28 “va valutato nell’insieme”, ha sostenuto fino alla fine Majid Al Suwaidi, direttore generale della Conferenza sul clima, e “non guardando alle singole parole”.
Ministri e delegati dei 197 Paesi più la Ue presenti alla Cop28 di Dubai hanno lavorato fino all’ultimo per produrre un nuovo testo condivisibile, perché l’ultima bozza del documento, in cui la frase fondamentale “phase out” da petrolio, gas e carbone era sparita, è stata considerata dall’Unione Europea “insufficiente” mentre gli Stati Unitihanno chiesto che venisse “sostanzialmente” rafforzata. Bocciatura senza appello della la bozza fatta circolare dal Sultano Al Jaber, ministro di Stato degli Emirati Arabi Uniti e presidente della Cop, anche dalle associazioni ambientaliste. “È il testo nel complesso che non va – ha spiegato, il capodelegazione di Greenpeace Kaisa Kosonen -. Contiene elementi positivi, che però sono diluiti e resi inefficaci. È come se si dicesse ai Paesi: potreste ridurre produzione e consumo di petrolio, ma se volete potete anche non farlo. Non si affronta così una crisi come quella climatica”. “Non siamo venuti qui per firmare la nostra condanna a morte”, ha aggiunto il ministro delle Risorse naturali delle Isole Marshall, John Silk.
Per il nostro ministro dell’Ambiente, Pichetto Fratin, il phase out dei fossili deve valutare anche le condizioni dei singoli Paesi. “Il nostro è ancora fortemente dipendente dai fossili, con una serie di imprese che non possono arrivare alla decarbonizzazione pura. Occorre individuare percorsi di transizione per le imprese altamente energivore, magari adottando nuove tecnologie come la cattura della Co2 emessa, o, appunto, i piccoli reattori modulari”. Possibile lo slittamento di un giorno della chiusura dei lavori.