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La miopia che non distingue tra spesa corrente e investimenti

martedì, 12 Dicembre 2023
1 minuto di lettura

Rischia di nascere vecchio il nuovo Patto di stabilità che entro fine anno dovrebbe vedere la luce. Al di là delle tecnicalità dei modi e dei tempi per ritornare negli astratti parametri del 3% di deficit e del 60% di debito la trattativa in corso trascura un elemento fondamentale che cambia di molto la natura dei numeri scritti nei bilanci degli Stati membri.

E si tratta della distinzione tra le spese correnti-che non portano nuova ricchezza-e quelle per investimenti che, invece mettono in moto un meccanismo che moltiplica la crescita. La spesa corrente serve per far funzionare le amministrazioni, per pagare stipendi, pensioni assistenza. Il controllo dell’efficienza di questo tipo di spesa è piuttosto complicato e può divergere da Paese a Paese.

La spesa per investimenti è invece un modo di impiegare le risorse pubbliche che può essere sottoposto ad attenta valutazione. Mettere sullo stesso piano i due tipi di spesa, come finora si è fatto e pare si voglia fare anche col nuovo Patto significa commettere un errore madornale. Non bisogna esseri premi Nobel per l’Economia per capire che se due Paesi hanno entrambi il deficit al 3% ma uno lo fa con la spesa corrente e l’altro lo fa per investimenti, il secondo si arricchisce e il primo si impoverisce. E, per di più, chi fa deficit per investire aumenta il Pil e riduce il rapporto tra il debito e la ricchezza prodotta.

Il famoso debito buono di cui ha parlato Mario Draghi è proprio questo: una spesa per potenziare l’economia. Si tratta di una spesa che è strategica proprio in piena fase di transizione digitale ed ecologica. Non si capisce perché di questo non si discuta nell’Ecofin. Qualcuno obietta che gli Stati potrebbero truccare i bilanci. Lo fece la Grecia…ma l’ha fatto anche qualche blasonato campione del rigore.

La soluzione c’è. Basterebbe ammettere come deficit accettabile (sempre entro certi parametri) solo quello derivante da investimenti certificati da un’entità europea, come la Bce. In questo modo si costringerebbero i Paesi membri a non sprecare soldi nella spesa corrente e a impegnarsi per investire in infrastrutture, servizi sociali, innovazione efficienza sotto l’occhio severo della Banca centrale. E’ forse l’unico modo per evitare un altro decennio di inutile austerità e di stagnazione economica mentre il mondo va avanti.

Giuseppe Mazzei

Filosofo, Ph.D. giornalista, lobbista, docente a contratto e saggista. Dal 1979 al 2004 alla Rai, vicedirettore Tg1 e Tg2, quirinalista e responsabile dei rapporti con le Authority. Per 9 anni Direttore dei Rapporti istituzionali di Allianz. Fondatore e Presidente onorario delle associazioni "Il Chiostro - trasparenza e professionalità delle lobby" e "Public Affairs Community of Europe" (PACE). Ha insegnato alla Sapienza, Tor Vergata, Iulm e Luiss di cui ha diretto la Scuola di giornalismo. Scrivi all'autore

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