giovedì, 19 Dicembre, 2024
Attualità

La prima vittima del virus? Il sovranismo

Le epidemie e le pandemie sono precedenti alla globalizzazione. La globalizzazione ne amplifica, ovviamente, l’impatto, ma non ne è la causa. Se le pestilenze e le influenze virali si diffondevano in passato in interi continenti non era certo perché ci fosse la “globalizzazione” ma semplicemente perché la gente entrava in contatto, non esistevano barriere sanitarie, non c’erano cure adeguate e questi fenomeni erano davvero devastanti.

Pensare di vincere la psicosi della pandemia da coronavirus sbandierando lo slogan: “tutta colpa della globalizzazione”, è una trovata che dimostra scarso uso della ragione e che -come tutte le posizioni irrazionali- finisce per impedire un’analisi seria del problema.

Il mondo oggi è più integrato e non solo virtualmente dalla rete e dai social network. Il mondo è diventato più piccolo da quando i trasporti sono diventati più facili e a buon mercato e da quando sia le persone che le merci hanno cominciato a circolare con una libertà e un’intensità che non si era mai vista nella storia.

L’errore che le classi dirigenti hanno commesso, e che certi intellettuali non sono riusciti ad individuare per tempo, è quello di saper cogliere in anticipo tutte le conseguenze della globalizzazione.

Si è pensato solo ai benefici del potersi muovere ovunque come un tempo facevano solo i milionari e di poter produrre, commercializzare acquistare e vendere senza le grandi barriere del passato.

Ma se il mondo è più piccolo tutto diventa più vicino e tutto diventa rapidamente globale. E bisogna individuare per tempo meccanismi di governo mondiale dei grandi problemi. Ma così non è stato. Non lo è stato per il dramma delle migrazioni e dei profughi, che continua ad essere trattato per aree geografiche: sicché abbiamo i profughi del Mediterraneo, quelli del Sud est asiatico, quelli dell’Africa sub-sahariana etc. Ma nessuno pensa che tutti questi siano solo profughi del nostro unico mondo e che è responsabilità del mondo intero farsene carico.

Discorso ancor più pressante è quello della sanità. Se si decide che tanti Paesi possono scambiarsi persone e merci senza troppe barriere è giusto che questi Paesi condividano degli standard comuni di sanità per evitare che, come è successo, una falla che si apre in uno di questi possa poi allargarsi a tutto il mondo. Conseguenza di questa premessa è l’instaurazione di un governo mondiale dei grandi problemi sanitari. Se l’OMS avesse risorse e poteri che oggi non ha, tutti i Paesi che aderiscono alle Nazioni Unite sarebbero costretti ad impegnarsi a rispettare alcune regole essenziali per evitare che ciascuno faccia di testa propria creando danni enormi al resto del mondo.

Se i problemi sono globali serve un governo globale dei problemi. Non è facendo il contrario che si possono fronteggiare le emergenze. Chi oggi, in nome della sbornia sovranista, pensa di arginare i problemi alzando muri, rivendicando a ciascun Paese il diritto di comportarsi come vuole a casa propria non capisce che questa visione porta ad aggravare i problemi e non a facilitarne la soluzione.

E veniamo all’Europa, la nostra casa comune abitata da 500 milioni di persone, l’area più ricca del pianeta. Occorre una visione europea dei grandi problemi sanitari e la condivisione di linee di condotta. Perché non si fissano protocolli di comportamenti, di diagnostica, di terapia, di profilassi, di valutazione del rischio comuni a tutti i 27 Paesi europei? Lo stiamo toccando con mano in questi giorni: esistono criteri comuni per effettuare i tamponi? esistono regole comuni per stabilire la reale diffusione del contagio? esistono procedure comuni per impedire il dilagare dell’infezione? No. E i risultati sono sotto i nostri occhi.

I sovranisti, che rivendicano sempre il diritto di ciascuno stato a regolarsi come crede e a rifiutare regole comuni, cosa hanno da dire di fronte a questi disastri provocati proprio dalla gestione differenziata e solo statale e non europea dell’epidemia?

La risposta è una sola: il sovranismo pretende di procedere in avanti con la testa rivolta all’indietro e quindi va a sbattere sui problemi senza riuscire a proporre soluzioni adeguate.

Quando sarà finita questa complicata vicenda ci sarà da riflettere e da fare un salto di qualità, sia in Europa sia a livello di Nazioni Unite, per il governo sovranazionale dei grandi problemi. È l’unica risposta possibile nell’era irreversibile della globalizzazione.

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