“Una volta aperte le relazioni Usa-Cina non saranno più chiuse”, “gli Stati Uniti non dovrebbero sostenere l’indipendenza di Taiwan”, ma sostenere “la riunificazione” pacifica, ”la Cina non combatterà una guerra fredda o una guerra calda con nessuno.” Sono alcune frasi dette dal Presidente Xi Jinpign a margine della cena di gala della comunità business tenuta dopo ilvertice della Cooperazione economica Asia-Pacifico. Dimostrano una (quasi) totale distensione dei rapporti e se non altro un esempio per il mondo di come dovrebbero essere ricomposte le diversità di vedute. Il Presidente americano, Joe Biden, ha “sottolineato l’universalità dei diritti umani e la responsabilità di tutte le nazioni di rispettare i propri impegni internazionali in materia di diritti umani.” Non ha mancato di esprimere“preoccupazione per le violazioni dei diritti umani nella Repubblica popolare cinese, anche nello Xinjiang, in Tibet e a Hong Kong.”
Dittatore “in quanto comunista”
Insomma un passo importante per rapporti più distesi, soprattutto in un mondo turbolento dove solo delle grandi potenze demografiche, economiche e politiche possono, insieme, ricondurre alla pace. In quattro ore di colloqui i due leader del mondo hanno deciso la riattivazione delle comunicazioni dirette fra la Casa Bianca e il Zhongnanhai, il quartier generale del leader cinese. Per “capirsi reciprocamente in modo chiaro” ha spiegato Biden. E’ stato attivato una specie di linea telefonica diretta, qualcuno l’ha definito “telefono giallo” per analogia con il filo diretto con Mosca, che è “rosso”. Quanto alla polemica sul fatto che Biden avrebbe definito Xi “un dittatore” – ma specificando che intendeva dire “in quanto comunista” – non è intervenuto neppure il Presidente cinese, ma il ministero degli Esteri che definito le affermazioni “estremamente sbagliate” e comunque frutto di “una manipolazione politica irresponsabile. La Cina – ha concluso il ministro – si oppone fermamente” a questo tipo di linguaggio.
I fronti aperti
Su Taiwan, che è il nervo scoperto per entrambi i Paesi, Xi ha assicurato che non sono previste azioni militari, mentre Biden ha ribadito la politica americana che riconosce una sola Cina. Si vedrà presto il risultato con l’andamento della campagna elettorale per le presidenziali previste a gennaio 2024, dove i partiti che fanno riferimento alla Cina si sono coalizzati e probabilmente potrebbero riuscire ad esprimere il nuovo Presidente. Acqua sul fuoco rispetto alle guerre in corso e sicuramente si percepisce l’isolamento verso il quale corre la Russia di Putin se non si arriverà al cessate il fuoco in Ucraina in tempi brevi. Anche in Medioriente gli interessi cinesi soprattutto per le rotte commerciali verso l’Europa, oltre che americani, sono molti ed è necessario trovare una soluzione. Riprenderanno anche i rapporti commerciali anche perché, finita la globalizzazione spinta, sia la Cina che gli Stati Uniti hanno molti fronti aperti: multinazionali, crisi finanziarie e immobiliari da risolvere.
Disgelo diplomatico
Il disgelo diplomatico è raccontato dai protagonisti. Biden: “Abbiamo fatto alcuni importanti progressi, i colloqui sono stati molto costruttivi e produttivi.” Xi: Usa e Cina è “la relazione bilaterale più importante al mondo” e ha specificato che lui e Joe Biden “si assumono pesanti responsabilità per i due popoli, per il mondo e per la storia.” Biden: “non c’è alternativa alle discussioni faccia a faccia.” “Dobbiamo fare in modo che la competizione non sfoci in un conflitto.” Xi: “il Pianeta Terra é abbastanza grande” per entrambi i paesi, che sono in grado di “andare oltre le differenze.” Insomma un fine 2023 turbolento e guerrafondaio che potrebbe tramutarsi nell’inizio di un 2024 equilibrato e pacifico.