Il Papa ha rivolto un nuovo toccante appello per porre fine al conflitto israelo-palestinese, esprimendo la sua profonda preoccupazione per la drammatica situazione in corso nella Regione. Durante il tradizionale Angelus in quel di piazza San Pietro in Vaticano, davanti a 23mila fedeli, ieri il Pontefice ha sollecitato una tregua immediata tra le parti coinvolte: “Vi prego di fermarvi, in nome di Dio cessate il fuoco”, il suo accorato invito. Francesco ha espresso il proprio dolore per le molte persone che hanno perso la vita a causa di questa guerra e ha sottolineato la necessità di trovare una soluzione pacifica, chiedendo a tutte le parti coinvolte a “percorrere tutte le vie affinché si eviti l’allargamento delle ostilità”. Il pensiero del Vescovo di Roma è andato soprattutto ai bambini ancora trattenuti da Hamas, “che sono tra le vittime innocenti di questo scontro”, auspicando che possano tornare alle loro famiglie: ha rimarcato quanto sia importante proteggere il loro futuro e ha pregato affinché si possa dire “basta” alla violenza che minaccia il loro benessere e il loro futuro. Il Papa ha anche esteso la sua preghiera alle vittime delle alluvioni e delle tempeste in Italia e in altri Paesi, ricordando i tragici eventi che hanno colpito la Toscana, con sette persone decedute a causa del maltempo. Ha anche parlato della situazione dei profughi afghani in Pakistan e del recente terremoto in Nepal, esprimendo la sua vicinanza alle popolazioni colpite da queste catastrofi.
Il tema della coerenza
Francesco, nel corso dell’Angelus, ha affrontato il tema della coerenza tra ciò che si dice e ciò che si fa nella vita quotidiana: ha richiamato l’attenzione sulla distanza tra il dire e il fare, nonché sul primato dell’esteriore sull’interiore. Nel Vangelo ascoltato nella liturgia di ieri, Gesù rivolge parole severe ai maestri di Israele, i quali, nonostante insegnino la Parola di Dio e pretendano rispetto come autorità religiose, vivono una vita di doppiezza. Gesù spiega che “dicono e non fanno” e che le loro azioni sono motivate dall’aspirazione ed essere ammirati dalla gente. Il Pontefice ha evidenziato che questa doppiezza è un pericolo per la testimonianza di ciascuno e mina la credibilità come persone e come cristiani. Ha sottolineato che tutti, a causa della propria fragilità, possono sperimentare una certa distanza tra il dire e il fare, ma la doppiezza del cuore, cioè il vivere con “un piede in due scarpe” senza preoccuparsi, rappresenta un problema serio.Ha quindi invitato coloro che rivestono ruoli di responsabilità nella società, nella Chiesa o nella vita familiare, a impegnarsi affinché ciò che predicano agli altri sia coerente con la loro vita personale. “Per essere maestri autorevoli, è necessario essere testimoni credibili”. Un secondo aspetto riguarda il primato dell’esterno sull’interno: il Santo Padre ha denunciato il fenomeno di coloro che vivono nella doppiezza e cercano di nascondere la propria incoerenza per salvare la reputazione esteriore. Questi individui sono preoccupati di apparire giusti agli occhi degli altri, ma non si curano della verità interiore. E su questo punto il Pontefice ha esortato i fedeli a riflettere su queste parole di Gesù e a porsi delle domande: vivono secondo ciò che predicano o vivono nella doppiezza? Sono preoccupati solo dell’apparenza esteriore o curano la loro vita interiore con sincerità di cuore?