domenica, 22 Dicembre, 2024
Società

Fare comunità: missione nuova e sociale della società della conoscenza

Alcuni giorni fa ho avuto l’onore di essere relatore nella sessione di psicologia coordinata da Maura Ianni (docente all’ Università Tor Vergata di Roma)  al VI Forum Internazionale del Gran Sasso promosso dall’Università e dalla Diocesi di Teramo in particolare nella persona di S.E. Mons. Lorenzo Leuzzi, infaticabile promotore di iniziative culturali al servizio del bene comune. Una tre giorni dove si sono alternati 1300 partecipanti e oltre 360 relatori tra docenti, ricercatori, personalità della cultura scientifica e intellettuali sui grandi temi del “conoscere per costruire”.

L’occasione è stata determinante per evidenziare  da parte mia come sia necessario superare la terza missione della conoscenza e guardare ad una “missione di comunità” della conoscenza, del sapere, dell’università. “Sono passati ormai otto anni dalla pubblicazione della Lettera enciclica Laudato Si’ , quando ho voluto condividere con tutti voi, sorelle e fratelli del nostro pianeta sofferente, le mie accorate preoccupazioni per la cura della nostra casa comune. Ma, con il passare del tempo, mi rendo conto che non reagiamo abbastanza, poiché il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura” (dalla Laudate Deum, Papa Francesco).

Sviluppo umano integrale e ruolo della società della conoscenza possono esserci insieme, percorrere sentieri per cambiare paradigmi, camminare uniti in orizzonti sinodali, piantare nuove idee per l’umanesimo sociale moderno. Sfida cruciale per la sociologia, la psicologia, le scienze sociali e la politica nel senso più alto.  La società della conoscenza si pone su pilastri come didattica, ricerca e “terza missione”. Ma la pandemia, le guerre, le disuguaglianze sociali, le problematiche del lavoro e le altre sfide in atto ci inducano a guardare oltre.

Lo studioso inglese Jhon Goddard ha sempre sottolineato che la società della conoscenza è nel processo della costruzione dell’università “civica” ad impatto sociale dove la società civile, le parti sociali, le istituzioni locali e le università “fanno comunità” (vedi best practice in Italia della UIL RUA con le università telematiche e le scuole di mediazione linguistica) non verso un’unica missione ma verso una propria  missione al servizio del bene comune. Accanto al manifesto per una nuova economia più larga e civile che Leonardo Becchetti ha con grande attenzione scritto sulle pagine di Avvenire, è il tempo di affiancare una Dichiarazione Mondiale per un Piano d’Azione per l’Università Civica ad Impatto Sociale (World Declaration Civic University Action Plan).  L’Agenda ONU 2030 sullo sviluppo sostenibile ha sancito l’incontro tra l’obiettivo quattro sulla qualità dell’educazione e l’obiettivo undici sul “fare comunità e città sostenibili, sicure, accessibili” ma soprattutto “inclusive”.

Anche il nostro paese ha mosso i primi passi con la re-istituita commissione parlamentare d’inchiesta sulla città e le periferie. Nei report della scorse legislature, la commissione aveva già evidenziato fenomeni dirompenti nelle aree metropolitane: il disagio giovanile, la longevità, la multietnicità e la crisi del ceto medio urbano. Oggi potremmo dire che c’è una nuova crisi sociale, quella centrata sulla persona. La comunità educante ha la più grande delle missioni, quella di costruire un diritto allo studio universale, rivendicare il diritto alla città, promuovere l’accesso alla conoscenza per tutti e per tutte le eta’ sia in forma residenziale che digitale (pedagogia inclusiva), un’equita’ urbana dove “centro e periferia è un’unica città” (Ctz. Alessandro Bianchi).

E’ questa la nuova missione della società della conoscenza e dell’università, essere città e nello stesso tempo borgo, essere centro e nello stesso tempo periferia, essere territorio e nello stesso momento  “comunità”, cioè “fare comunità” e quindi “essere persona”. Città della Conoscenza è unire i saperi per una comunità a misura di persona. “Io cominciai la mia opera come un contadino che avesse a parte una buona semente di grano e al quale fosse stato offerto un campo di terra feconda per seminarvi liberamente” (Maria Montessori)

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