Nel contesto del mercato italiano delle informazioni riservate (o addirittura segrete), quelle raccolte nel corso di indagini preliminari sembrano essere – alla luce della teoria del valore – le più pregiate e perciò anche le più rilevanti dal punto di vista economico.
Se ne accorse diversi anni fa l’Eurispes, conducendo uno studio dettagliato su questa materia e gettando uno sguardo penetrante sulle dinamiche, le dimensioni e le implicazioni di pratiche diffusive tanto controverse.
Di recente poi, la materia ha rinverdito la sua attualità alla luce dei fatti di cronaca che hanno visto diffuse captazioni in audio e in video relative ad incontri galanti – e perciò stesso privi di rilievo penale – che hanno avuto per protagonista un noto amministratore locale sorpreso dalle cimici in un’alcova più o meno improvvisata.
La polemica che ne è scaturita è poi arrivata al calor bianco nel corso dei lavori parlamentari che stanno finalmente riformando il fenomeno delle captazioni anche alla luce della sentenza della Corte del Lussemburgo, secondo la quale le uniche fattispecie a fronte delle quali possano legittimamente autorizzarsi le captazioni sono quelle relative ai reati di mafia e di terrorismo, con espressa esclusione di tutte le altre fattispecie penalmente rilevanti.
L’abuso di questi invasivi strumenti ha infatti sollevato numerose preoccupazioni con riferimento alla privacy e agli altri diritti fondamentali dei cittadini.
Merito dell’Eurispes fu dunque quello di segnalare come il mercato delle intercettazioni fosse, in Italia, in costante crescita e il loro utilizzo è aumentato in modo esponenziale negli ultimi anni, così come l’utilizzo di tecnologie sempre più avanzate per effettuarle.
Quel rapporto sottolineava infine le questioni etiche legate alle captazioni proprio perché comportavano già allora gravi violazioni della privacy di cittadini, presuntamente innocenti.
Mentre però il dibattito attualmente in corso alle Camere sembra dare il giusto rilievo alla questione del bilanciamento fra necessità di intercettare e diritto alla privacy degli intercettati, è perlomeno singolare che nessuno abbia esaminato i problemi sul tappeto alla luce del valore economico delle fughe di notizie nelle indagini preliminari, anche se è difficile negare che tali “fughe” diano luogo ad un fenomeno che ha assunto nel corso degli anni una risonanza sempre maggiore e come non siano solo un rischio per la corretta amministrazione della giustizia, ma possano anche rappresentare un business alquanto lucroso.
È certo però che la rete di connivenze che può sottostare alle fughe di notizie sia complessa e multifattoriale e le cronache di questi anni non hanno contribuito ad allontanare il sospetto che persino qualche magistrato, nell’intento di accelerare una determinata indagine, abbia voluto conferirle un’impronta mediatica, facendo filtrare notizie in modo selettivo attraverso la stampa.
I maggiori sospetti però sono ricaduti sugli ufficiali della polizia giudiziaria che, a loro volta, potrebbero aver avuto interesse a diffondere informazioni, magari per guadagnarsi il favore dei media o per altre ragioni, più o meno commendevoli.
Infine i mezzi di comunicazione di massa: spinti dalla competitività nei loro settori e dalla ricerca continua di scoop potrebbero a loro volta incentivare – anche economicamente – l’acquisizione di informazioni riservate che riguardino indagini in corso.
Dal punto di vista economico, infatti, una notizia esclusiva e riservata – soprattutto ove proveniente da un’indagine preliminare – può sempre rappresentare una miniera d’oro per qualunque testata: giornalistica o televisiva che essa sia.
La primizia o l’esclusività di un’informazione può portare ad un aumento delle vendite di carta stampata, ovvero ad un picco degli ascolti televisivi, o anche a un boom dei click online e questo si traduce a sua volta in maggiori introiti pubblicitari.
Dobbiamo così augurarci che il Parlamento esamini la questione delle captazioni anche nella prospettiva di un fenomeno in cui il guadagno economico di chi diffonde notizie riservate sulle captazioni possa spingere i suoi autori fino alla compromissione dell’etica che dovrebbe guidarne i comportamenti.
Per contenere al massimo il numero e la portata di questi episodi occorrerebbe anche dotare le autorità competenti (innanzitutto il Ministero della Giustizia) di strumenti legislativi idonei ad ottenere un simile risultato.
Proviamo ad individuarne alcuni:
- a) più severe sanzioni; è il più semplice, ma anche il più abusato di tali possibili rimedi e dovrebbe colpire sia coloro che forniscono notizie provenienti da indagini preliminari, sia coloro che le diffondono.
- b) Revisione dei protocolli di comunicazione, stringendoli, tra forze dell’ordine, magistratura e mezzi di comunicazione di massa al fine di garantire che ogni informazione messa in circolazione sia frutto di precedenti controlli di conformità alle norme sulla riservatezza delle notizie diffuse.
- c) le tecnologie; perché l’adozione di strumenti più sicuri per la conservazione e il trasferimento dei dati e delle notizie può contribuire efficacemente a prevenirne la fuga.
È certo però che – fin quando il legislatore non deciderà di occuparsi anche di questi profili della “questione intercettazioni” – siamo tutti condannati a continuare nell’ assistere al triste spettacolo delle notizie riservate, date in pasto al grande pubblico, come se la cultura della privacy non fosse altro che un desiderio ingenuo e pio.
I più sfortunati poi si trasformeranno, da spettatori di questo indegno spettacolo, in suoi attivi protagonisti: cui però difficilmente verrà attribuito il premio di miglior attore!