La notizia della brutale uccisione dell’orsa Amarena ha fatto il giro del mondo, aprendosi in mille rivoli come la ferita profonda inferta alla natura, a chi la ama e a tutti coloro che si occupano della sua salvaguardia. La sorte dei cuccioli, rimasti violentemente orfani in un periodo in cui avrebbero avuto grande bisogno delle cure materne, sta tenendo altrettanto col fiato sospeso, generando gli atteggiamenti sociali più disparati, mentre, proprio la delicatezza della situazione impone un approccio innanzitutto di rispetto delle indicazioni di chi ha esperienza e competenza, abbandonando un costume tanto scellerato, quanto dilagante: l’improvvisazione. Anche per questa ragione, ho raggiunto telefonicamente il Direttore del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, Luciano Sammarone, che costantemente, anche attraverso i social, aggiorna la popolazione sullo stato dei cuccioli, ricordando che “tutti siete preoccupati per la sorte dei cuccioli, noi un po’di più”. Proprio per la vita di questi cuccioli, già funestata da mano umana, ascoltare le riflessioni e le indicazioni del Direttore del Parco è dirimente per la salvezza degli stessi, oltre a profilarsi come preziosa opportunità di conoscere e apprendere come si ama, perché senza conoscenza e rispetto l’amore è una chimera.
Premetto soltanto, come da ultime note del Parco, che continua il monitoraggio e il controllo delle aree frequentate dai giovani orsi figli di Amarena che, al momento, stanno bene, continuano ad alimentarsi, a muoversi, a giocare e sono stati avvistati, anche da cittadini del territorio, di notte e anche di mattina presto, in località anche diverse da quelle incautamente citate su articoli di giornale e altre pagine social.
Direttore innanzitutto cosa significa la morte di Amarena dal punto di vista culturale?
Da un punto di vista culturale la morte di Amarena ci dice che non siamo stati sufficientemente bravi, come Parco in primis e come società in generale, a fare capire universalmente il valore biologico, ecologico e ambientale della presenza dell’orso e di questa popolazione, quale è il valore del rispetto della vita di un essere vivente all’interno di un ecosistema complesso, di cui noi siamo solo una parte, di cui l’orso è un’altra parte, solo che lui è una parte molto più fragile. Dal punto di vista biologico ed ecologico l’uccisione Amarena costituisce un danno enorme, perché significa perdere un riproduttore e per avere la “prossima Amarena” bisognerà aspettare almeno sette anni; con la perdita di minimo due cicli riproduttivi. A questo dato gravissimo, si aggiunge una ferita mortale al sentimento di accettazione dell’orso, che è ampiamente diffuso anche in aree urbane lontane dal Parco, dove è accaduto che ci siano stati fastidi per la presenza accidentale di un orso magari in un orto o in un giardino, ma le persone non hanno certo reagito imbracciando un fucile e sparando. Qui tengo a precisare un aspetto importante: ferma restando la condanna assoluta nei riguardi dell’uccisione di Amarena e dell’atto odioso di sparare a un essere vivente, per di più con i cuccioli al seguito, come uomo e come Direttore del Parco, prendo altrettanta distanza e esprimo altrettanta condanna verso le minacce che sono state rivolte al responsabile e alla sua famiglia, perché i processi si fanno in tribunale , tenendo conto che chi attua la logica della violenza non fa che alimentare la sottocultura che ha ucciso Amarena, ponendosi sullo stesso piano di chi stiamo condannando.
C’è un aspetto gravissimo dal punto di vista culturale su cui soffermarsi: si sta diffondendo la falsa credenza che gli orsi scendono fino alle aree urbane perché il Parco ha messo troppi recinti elettrificati per impedire loro di entrare nei pollai delle aree Parc e di quelle adiacenti per ridurre i conflitti uomo-orso e, al contempo, non ha messo da mangiare agli orsi nelle aree del Parco, determinando così una sorta di “migrazione indotta”. Queste pseudo-spiegazioni sono frutto di una profonda ignoranza circa il comportamento e i meccanismi di funzionamento interni alla popolazione degli orsi, che non scendono in paese perché hanno fame, ma piuttosto per dinamiche complesse e rapporti intraspecifici, su cui gioca un ruolo anche la personalità dei singoli animali. Spesso sono i cuccioli e le femmine che tendono ad avvicinarsi ai paesi e i cuccioli, crescendo, tendono poi a conservare un atteggiamento confidente. Improvvisarsi zoologi, diffondendo delle falsità costituisce un danno gravissimo, perché la fake news oltre a non essere vera fornisce una giustificazione all’uccisione di Amarena e si costituisce come una minaccia per la popolazione degli orsi, creando un clima di contrapposizione e giustificazionismo, riducendo la gravità percepita della violenza, che portano come esito solo disastri, di cui ne abbiamo già abbastanza.
A proposito di incursioni, l’orsa Gemma in questi giorni sta facendo parlare di sé, cosa sta accadendo?
Gemma, facendo le debite proporzioni, è come una vecchia signora di 80 anni. La seguo dal 2002 e posso affermare che, pur avendone possibilità, non si è mai avvicinata a strutture come quelle visitate nei giorni scorsi, conosce benissimo tutte le stalle, i pollai e gli orti di un paese come Scanno, ma non era mai entrata in strutture abitate, anche se avrebbe potuto farlo agevolmente. Ora lei è entrata in un condominio e nella cucina di un albergo come mai prima d’ora, nonostante la sua età. E allora io credo che larga parte sia dovuto all’atteggiamento crescente di dare da mangiare agli animali selvatici. La gente non comprende quanto questo sia pericoloso, non ci si può sostituire alla natura e giocare a fare Dio, altro modus operandi foriero di disastri, dati dall’alterazione dell’equilibrio naturale.
A proposito di equilibrio di natura, è questo che vi ha guidato nella gestione dei cuccioli di Amarena?
Per i cuccioli stiamo lavorando proprio per l’integrità dell’equilibrio naturale. A chi ci obietta che la morte di Amarena ha già alterato l’equilibrio, noi rispondiamo che gli errori si sommano, non si annullano l’un l’altro. Se iniziassimo a mettere da mangiare ai cuccioli, che dimostrano di stare bene e sapersi muovere sul territorio, intanto non potremmo assicurarci che sarebbero loro a nutrirsi, inoltre questo potrebbe proprio farli cadere in una trappola, perché potrebbero avvicinarsi al cibo insieme ad altri animali predatori e questo li porterebbe a morte. Affrontiamo poi l’aspetto della qualità e della dignità della vita di questi cuccioli: se non strettamente necessario per ragioni di sopravvivenza (se ad esempio i cuccioli non riescono a nutrirsi, se dovesse emergere un problema di salute che richiede cure, ecc), i cuccioli meritano la possibilità di una vita libera e non in una gabbia in cattività, che certamente comprometterebbe molto la qualità della loro esistenza. L’uomo ha già commesso un errore drammatico e gravissimo, noi siamo arrivati alla decisione di monitorare indirettamente gli orsetti e non catturarli, a meno di essere costretti per una qualche emergenza, dopo esserci confrontati con esperti di tutto internazionali ed aver avuto condivisione di questa scelta da parte di ISPRA. Il rischio di questi orsetti è proprio quello di finire in gabbia o di renderli confidenti, generando poi magari l’ostilità della gente. Noi, più di tutti, li desideriamo vivi e liberi e stiamo lavorando incessantemente per questo risultato, in linea con le convenzioni internazionali che parlano di “vita dignitosa” come priorità per gli animali e non credo che esistano gabbie dignitose.
La letteratura scientifica, relativa alla gestione di cuccioli orfani, dice che sotto i cinque mesi i cuccioli vanno assolutamente catturati, sopra gli otto mesi hanno buone possibilità di sopravvivenza in natura, tra i cinque e gli otto mesi è opportuno monitorare e valutare via via la situazione. La scelta iniziale di catturarli aveva lo scopo di sottrarli al luogo in cui la mamma era stata uccisa, poiché estremamente antropizzato e riportarli all’interno del Parco. Ma questo ritorno i cuccioli lo hanno fatto da soli, facendo decadere le ragioni della cattura e dimostrando di sapersi ben orientare. Catturarli significa anche creare loro uno stress, che andrebbe evitato, perché hanno già subito lo stress della perdita violenta della madre. Essendo poi troppo piccoli non è possibile applicare loro un radio collare, che è un altro degli scopi della cattura. Nella nostra popolazione a rischio di estinzione, evitare che un animale diventi confidente, perché è stato messo in cattività anche per poco, rappresenta la priorità. Non dimentichiamoci, e quello che è successo lo conferma, che un animale confidente rischia più degli altri di morire per cause antropiche.
Direttore quali cure parentali hanno perso gli orsetti con l’uccisione della mamma?
Gli orsi hanno bisogno di cure parentali molto lunghe, perché sono animali complessi e estremamente intelligenti. Non dimentichiamo che noi umani forniamo cure parentali ai nostri figli fino all’adolescenza. Amarena non ha potuto insegnare parte della vita a questo orsetti, quindi mancheranno certamente dell’istruzione a procurarsi cibo in autunno, a prepararsi e gestire l’ibernazione, a ritemprarsi dopo lo stordimento del letargo.
Quindi cosa accadrà quando dovranno entrare in letargo?
Fino ad autunno inoltrato è importante che continuino a muoversi, alimentarsi, giocare cercando di svolgere le attività vitali importanti in questo periodo della loro vita, possibilmente restando insieme, in modo da proteggersi da eventuali predatori. Quando arriverà l’inverno, se tutto sarà andato per il meglio, i giovani orsi troveranno un posto a loro comodo ed entreranno in tana in maniera istintiva. Una serie di cambiamenti fisiologici andranno di pari passo con la diminuzione del fotoperiodo (cioè del numero di ore di luce) tipico dell’inizio dell’inverno, dell’arrivo della neve, della diminuzione della temperatura, tutti fattori che porteranno i giovani orsi, in maniera del tutto naturale, ad entrare in ibernazione. Ribadisco che, se si dovessero presentare problemi, siamo pronti ad intervenire per aiutarli.
Cosa deve e cosa non deve fare la popolazione per contribuire alla protezione degli orsetti e della loro specie? Come vi si può aiutare?
Innanzi tutti è importante ricordare che la tutela e la gestione dell’orso coinvolge non solo noi, ma tutte le aree protette statali e regionali presenti sul territorio, insieme a corpi dello Stato, comuni e regioni. Il primo aiuto è quindi la condivisione del quadro normativo, vale a dire che se c’è una limitazione su un sentiero, un limite di velocità, o qualsiasi altra norma occorre rispettarla, peggio ancora se parliamo di gestione dei rifiuti urbani, che spetta ai comuni e alle municipalizzate, o della gestione di fonti alimentari di origine antropica nei centri abitati, piccoli e grandi, che vanno evitate per impedire l’abituazione . Poi smetterla assolutamente di andare a caccia di foto e filmati, che stressano e mettono in pericolo gli animali. Altrettanto importante, per le ragioni già esposte, non dare mai da mangiare agli animali. Amore è innanzitutto rispetto.