giovedì, 21 Novembre, 2024
Attualità

L’Italia non ha bisogno di ansia

L’autunno porta sempre un aumento del pessimismo. In politica, poi, questo si traduce in un catastrofismo spesso ampiamente immotivato. È quello che sta succedendo nel nostro Paese da qualche settimana in qua.

Certo, ci sono notizie tragiche come le morti sul lavoro che offendono la nostra coscienza civile. Ma si tratta di un fenomeno che nulla ha a che vedere con la congiuntura economica.

I dati che fotografano lo stato di salute del nostro Paese vanno letti sempre paragonandoli con quelli di altri membri dell’Eurozona che hanno economie comparabili.

Partiamo dalla considerazione che l’Italia ha delle debolezze strutturali con cui -sbagliando- convive da troppo tempo. A cominciare dall’elevato rapporto tra debito accumulato e crescita. A questo si aggiunge uno squinternato mercato del lavoro, in cui la domanda e l’offerta parlano lingue diverse. E, come ciliegina sulla torta, mettiamoci pure la scarsa produttività complessiva del sistema. Il che non è poco.

Detto questo, rispetto alla Germania, considerata il malato d’Europa, afflitta da una recessione e accusata dalla sua Corte dei conti di aver occultato una sessantina di miliardi nel bilancio…, l’Italia sta molto meglio. Abbiamo risentito ma non troppo del Pil negativo di Berlino.

Rispetto alla Francia non abbiamo di che lamentarci. Il nostro Paese, non è attraversato dalle esasperate tensioni sociali parigine, è in una condizione di occupazione che cresce con circa800 mila posti di lavoro liberi per i quali non si trova manodopera.

È vero che la crescita rallenterà, ma non perché altrove cresca. D’altro canto con un’inflazione che è ancora intorno al 5% e con i tassi alti della Bce, poteva andare molto peggio.

C’è il problema dell’immigrazione irregolare. Ma diciamola tutta: se gli immigrati non arrivassero quasi tutti via mare, con la drammaticità che questo comporta, se invece di sbarcare tutti a Lampedusa, trasformando quell’isola in un inferno, si distribuissero diversamente, il numero di 150mila irregolari non sarebbe di per sé spaventoso. Visto che abbiamo bisogno di almeno 500 mila lavoratori in più l’anno e che gli immigrati in Italia sono circa l’8,5% della popolazione. In Germania sono oltre il 13%, in Spagna oltre l’11% nessuno si straccia le vesti. La Francia sta più meno come noi, ma con problemi da Paese ex coloniale molo più gravi.

E allora che senso ha seminare ansia sui giornali, nelle tv, in Parlamento e nei comizi sui social? Non serve a nulla. L’ansia, distrae dall’affrontare con serenità i problemi strutturali a cominciare dalla necessità di spendere soldi pubblici per investimenti e non per spesa corrente, dall’urgenza di rendere più competitivo il sistema Italia, dal bisogno di salvare la sanità pubblica da una deriva pericolosa in gran parte dovuta alla sua gestione regionale e non statale. Di questo bisognerebbe discutere serenamente con proposte serie e guardando non ai prossimi tre mesi o alle prossime elezioni europee. Seminare ansia serve solo a distrarre dai problemi e a disperdere le energie che invece andrebbero usate per prenderli di petto.

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