Stenta l’economia italiana. A inizio 2020 persiste una sostanziale stagnazione, che segue la flessione di fine 2019 (-0,3% stimato nel 4° trimestre). È quanto emerge dal rapporto Congiuntura Flash del Centro Studi di Confindustria.
Dopo il tonfo della produzione a dicembre, l’industria inizia l’anno ancora debole ma con segnali di stabilizzazione, in base al PMI (Purchasing Managers’ Index) risalito a 48,9 a gennaio e agli ordini manifatturieri in deciso recupero. Tengono i servizi, dove il PMI è salito a gennaio (51,4), continuando a segnalare debole aumento dell’attività, fin dalla metà del 2019.
L’occupazione è rimasta pressoché ferma nella seconda parte del 2019, dopo l’espansione nei primi sei mesi (circa +200mila unità) trainata dal tempo indeterminato. In lieve aumento solo la componente temporanea (+58mila) complice la frenata del PIL e le prospettive incerte.
L’export ha registrato dati negativi a novembre-dicembre, ma resta su un trend espansivo: sia le vendite extra-UE (+1,8% nel 4° trimestre) sia, molto meno, quelle intra-UE. È trainato dai mercati di Svizzera e Giappone; pesa la crisi dell’industria in Germania e vanno male le vendite negli USA, per i nuovi dazi.
Incerto l’inizio 2020: gli ordini esteri migliorano ancora a gennaio, ma restano ridotti e non incorporano un impatto da coronavirus. Cala intanto l’import, specie dai paesi extra-UE.
Segnali contrastanti sui consumi. A gennaio la fiducia delle famiglie è aumentata per il 2° mese di fila, con attese più favorevoli su disoccupazione e situazione economica e giudizi migliori sul bilancio familiare; viceversa, le immatricolazioni di auto sono scese del 6,8% (dopo il +2,2% a dicembre) e gli ordini interni dei produttori di beni di consumo sono rimasti stabili, su valori modesti (-13,7).
Manca il credito alle imprese. Il calo dei volumi di prestiti si è consolidato al -1,9% annuo a dicembre, riflettendo il progressivo restringimento delle condizioni di offerta, segnalato dalle indagini qualitative di Banca d’Italia e ISTAT. Buone notizie dal costo del credito, che resta ai minimi (1,4% a dicembre).
A febbraio il rendimento del BTP decennale è tornato sotto l’1% (0,95% medio). Calano meno i tassi negli altri paesi dell’Eurozona (Germania -0,42%). Perciò lo spread dell’Italia è ridisceso ai minimi (137 punti). Proseguono gli acquisti BCE (32 miliardi di euro di titoli pubblici e 12 miliardi di corporate tra novembre e gennaio), cruciali per segnalare ai mercati la policy di tassi bassi.
Il prezzo del petrolio è caduto a 55 dollari a febbraio, per i timori di una minore domanda dalla Cina, da un picco di 69 dollari a inizio 2020, toccato per l’instabilità in Iran. Nello stesso periodo, l’euro si è indebolito rispetto al dollaro (1,10 da 1,12). Le Borse dei paesi avanzati, invece, mantengono un profilo crescente a febbraio, dopo qualche flessione subita a fine gennaio.
L’Eurozona ha chiuso il 2019 con un +0,1% di PIL, passo ridotto dal +0,3% nel 3° trimestre. Determinante il calo della produzione nell’industria, che a dicembre ha registrato un -2,1%; male sopratutto i beni strumentali (-4%). Anche a inizio 2020 le imprese industriali lamentano una riduzione dell’utilizzo della capacità produttiva (all’80,9%). Il ridimensionamento è dovuto alla domanda di beni, giudicata carente da un terzo delle imprese.
Reggono, invece, i servizi (PMI a 52,5 a gennaio).
Brexit, infine. Nel Regno Unito la certezza di un governo stabile e l’inizio della Brexit sembrano aver ridato un po’ di slancio all’economia. Tuttavia, restano da sciogliere alcuni nodi fondamentali, soprattutto le future relazioni commerciali con la UE. Ciò spiega perché, seppure in lieve miglioramento, la fiducia dei consumatori e la Sterlina restano basse, rispetto ai livelli pre-Brexit.
Il commercio mondiale chiude il 2019 con un calo nel 4° trimestre e in media d’anno, per la prima volta dal 2009. Buoni segnali per inizio 2020, ma prima del coronavirus: migliorano gli ordini esteri del PMI globale (sotto la soglia di 50) e cala dai massimi l’incertezza geo-economica.
Nel 4° trimestre è proseguita la crescita USA, allo stesso ritmo del precedente (+2,1% annualizzato), seppure in rallentamento da inizio 2019. In forte calo gli investimenti privati, mai così negativi negli ultimi anni, per tre trimestri consecutivi, segnale di una possibile ulteriore frenata. Ancora positivo, invece, il contributo dei consumi delle famiglie, spinti da un solido mercato del lavoro, dove il numero di occupati a gennaio ha sorpreso di nuovo al rialzo (+225mila unita’).
Le borse cinesi hanno fatto appena in tempo a brindare all’accordo nella prima fase di negoziati commerciali con gli USA, che si sono trovate a sostenere le conseguenze del coronavirus. Domina l’incertezza sui tempi di rientro dell’emergenza sanitaria e già si sono prodotti effetti negativi reali in trasporti, turismo, consumi domestici, attività di molte imprese, spesso parte di catene del valore internazionali. Gli indicatori economici daranno presto conto di questi impatti. (italpress)