mercoledì, 18 Dicembre, 2024
Il Cittadino

Zaki, noi, le leggi, il potere

Si è determinata una insolita unanimità in Italia, attorno al caso del ricercatore egiziano dell’Università di Bologna, Patrick George Zaki, arrestato al suo rientro in Egitto.

Insolita perché all’improvviso siamo tutti garantisti e tutti indignati di fronte alle leggi egiziane che hanno consentito l’arresto del ricercatore con l’accusa di attività sovversiva contro lo Stato (egiziano, naturalmente), per le opinioni da lui espresse.

Si tratta di leggi di un sistema diverso dal nostro e che, agevolmente, con la nostra cultura democratica, riteniamo assunte in violazione del Diritto.

Senza scomodare i trattati di Filosofia del Diritto mi limiterei qui ad annotare che la legge non sempre coincide col Diritto. La legge risponde spesso a situazioni contingenti e, spesso, è addirittura contraria al Diritto, come a noi sembrano le leggi egiziane che hanno consentito l’arresto di Zaki. Con il confine, in uno Stato di Diritto, della inviolabilità dei principi stabiliti dalla Costituzione: senza questi limiti, “per legge”, si deportavano i cittadini italiani di religione ebraica nei campi di concentramento (non dico “ebrei” perché credo si debba sottolineare il loro essere nostri connazionali).

Dal mio punto di vista e secondo la mia sensibilità giuridica l’ordinamento italiano è costellato da centinaia di disposizioni che violano la Costituzione, minano i Diritti fondamentali dei cittadini, consentono prevaricazioni contro l’individuo da parte del potere.

Ciò si verifica soprattutto in due settori, quello penale e quello tributario, dove si è ritenuto che la potestà pubblica dovesse essere prevalente sui diritti dell’individuo e che si dovesse alterare l’equilibrio e la par condicio, consentendo ad una parte, lo Stato, di fruire di presunzioni sempre più cogenti, invertendo l’onere della prova (nel tributario il contribuente è sempre presunto evasore) o addirittura, con le leggi antimafia, presupponendo in molti casi la mala fede (il principio generale, ovviamente, è invece quello che la buona fede si presume e che la mala fede vada dimostrata).

Si tratta di leggi che rispondono certamente ad esigenze molto sentite: la lotta all’evasione fiscale e la guerra alla mafia. Leggi, però, che per essere “speciali” e per sovvertire principi basilari secondo molti giuristi, denunciano anche la debolezza dello Stato italiano, la sua incapacità di contrastare i fenomeni con mezzi normali.

Il mezzo secolo di miei ricordi “sociali”, dagli anni del ginnasio alla mia attuale anzianità, sono puntellati da proclami del potere di “guerra alla mafia” e “lotta all’evasione” e di leggi speciali che, sempre di più hanno ridotto i diritti e le garanzie dei cittadini.

Leggi che – senza scomodare le previsioni di Sciascia – non hanno fatto conseguire una vittoria. Stando proprio ai proclami politici l’evasione fiscale è sempre al massimo; la mafia è sempre più potente e intrecciata al tessuto economico.

Tanto che, se fossi un politico e se la politica avesse ancora il suo ruolo nel nostro Paese, mi chiederei se non fosse opportuno cambiare metodo ed esercito.

Le leggi speciali servono a poco e solamente per un periodo ben ristretto.

L’abuso e la loro trasformazione a sistema è pericoloso e restringe sempre di più i diritti del cittadino e ne fanno un suddito (tali siamo già nel sistema fiscale).

Il passaggio a leggi come quella che consentono in altri ordinamenti l’arresto di un cittadino dissenziente non è un’ipotesi che si debba escludere a priori come impossibile.

Né si può rimettere tutto al controllo preventivo di costituzionalità del Capo dello Stato, che è un’attività che ha limiti: tanto che la Corte Costituzionale, solo tra il 1956 e 2012, ha sancito l’incostituzionalità di 2102 leggi: tutte, ovviamente, promulgate.

Del resto tutti, quando indagati, invochiamo tutti i nostri diritti e lamentiamo la limitazione, per legge, delle nostre garanzie.

Dimenticando che, se le vogliamo per noi stessi, dobbiamo garantirle anche al più detestabile e sanguinario criminale.

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