“L’esecuzione del mandato d’arresto europeo non può andare a discapito dei diritti fondamentali della persona interessata.” Lo sancisce la Corte Costituzionale con una sentenza depositata il 28 luglio scorso, redatta dal giudice Francesco Viganò. La Corte italiana, che a sua volta aveva investito la Corte di giustizia dell’Unione, si è espressa su due casi che riguardavano profili differenti della disciplina del mandato di arresto europeo.
I casi presi in esame
Sono due i casi concreti sui quali si è espressa la Corte: il primo riferito a un cittadino italiano con gravi disturbi psichici, la cui consegna era stata richiesta da un tribunale croato che intendeva sottoporlo a processo per detenzione e spaccio di stupefacenti. La Corte d’appello di Milano aveva chiesto che fosse dichiarata incostituzionale – per contrasto con il diritto fondamentale alla salute – la mancata previsione della possibilità di rifiutare la consegna di una persona affetta da patologie croniche di durata indeterminabile, incompatibili con la custodia cautelare in carcere. Nel secondo caso, l’autorità giudiziaria rumena aveva richiesto all’Italia la consegna di un cittadino moldavo, per sottoporlo alla pena detentiva cui era stato condannato, in Romania, per reati di evasione fiscale. La persona in questione, tuttavia, era da tempo radicata in Italia, dove aveva significativi legami lavorativi, sociali e familiari. La Corte d’appello di Bologna aveva pertanto chiesto che fosse dichiarata incostituzionale la mancata previsione della possibilità di rifiutare la consegna di un cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione europea, ma stabilmente radicato nel territorio italiano, per consentirgli di scontare la sua pena in Italia. I giudici bolognesi osservavano in effetti che questa possibilità è già oggi prevista per i cittadini italiani e per quelli di altri paesi dell’Unione, ma non per i cittadini extracomunitari.
Europei ed extracomunitari
Nel merito la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l’art. 18-bis della legge n. 69 del 2005, che disciplina nell’ordinamento italiano il mandato d’arresto europeo, “nella parte in cui non prevede che la corte d’appello possa rifiutare la consegna di una persona ricercata cittadina di uno Stato terzo, che legittimamente ed effettivamente abbia residenza o dimora nel territorio italiano” affinché possa scontare la propria pena in Italia, per favorirne il reinserimento sociale. Con riferimento alla nuova normativa in vigore dal 2021, la Corte ha limitato questa possibilità ai cittadini extracomunitari che risiedano da almeno cinque anni nel territorio italiano, dal momento che questa stessa condizione è oggi legittimamente prevista dal legislatore italiano per i cittadini di altro Stato dell’Unione. L’esecuzione del mandato d’arresto europeo – secondo queste sentenze – non deve violare il diritto alla salute e non deve neppure discriminare irragionevolmente tra cittadini europei e extracomunitari.