La corsa appare inarrestabile, un distacco che pone i piccoli negozi sempre più indietro e in affanno rispetto al concorrente globale del commercio elettronico che nell’ultimo anno ha realizzato un più 18% di vendite.
Un sorpasso che apre un nuovo scenario, o forse una epoca dove i consumi saranno molto più legati alla rete che al negozio. Nel complesso nel 2019, nelle rilevazioni Istat, il valore delle vendite al dettaglio è salito dello 0,8%, in accelerazione rispetto all’anno precedente. Ma se la grande distribuzione registra una crescita dell’1,4%, le vendite nei piccoli negozi risultano in flessione, e lo sono già da tre anni consecutivi.
Nel contempo è in drastico aumento il commercio elettronico che supera il 18%. Il mese che ha fatto registrare il maggiore incremento è quello di dicembre con le vendite al dettaglio che sono tornate a crescere su base mensile. Calcolato su base annua si registra così un nuovo aumento che sfiora l’1%. Si tratta del settimo incremento di fila in termini tendenziali, quindi in generale il volume delle vendite sono in aumento ma non per i piccoli esercenti che poi sono quelli più esposti alla crisi, alla maggiore tassazione, agli aumenti dei costi di gestione e del personale. Il tema nel 2020 diverrà caldissimo in quanto potrebbe continuare la moria di punti vendita e portare molti imprenditori a chiudere, oppure c’è chi prevedere uno scenario diverso, con i punti vendita “fisici” che avranno un nuovo ruolo da protagonisti. Sul fronte del commercio elettronico c’è una torta da 28 miliardi e 700 milioni da scalare. Ma chi sono i cittadini che preferiscono gli acquisti on line? Tecnicamente vengono definiti web-shopper, con un bacino che conta 22 milioni di persone. In prima fila della categoria ci sono i clienti “abituali” quelli che con massima fiducia verso il cartello virtuale lo riempiono ogni mese.
Tra i motivi di acquisti c’è il maggior assortimento di merci, la comodità, i costi che appaiono e sono ritenuti più bassi. Inoltre non tutti i settori merceologici hanno lo stesso appeal. Nella classifica degli acquisti infatti ci sono: vestiti, biglietti aerei, libri, articoli per la casa, giocattoli e cibo. Nella graduatoria inoltre non tutti i servizi on line vengono considerati, i settori anche se questi in grande espansione, come i media digitali, dalla tv alla musica, fino a tutti i giochi e lotterie online. Sono esclusi dal computo dell’e.commerce anche il vastissimo settore dei pagamenti e operazioni finanziarie. Quindi tra i prodotti che si acquistano in rete ci sono capi di abbigliamento, arredamento, ricambi di auto, giocattoli, prodotti di bellezza – questi ultimi in grande crescita -. Poi ci sono i servizi e tra questi rimangono leader quelli turistici e dei trasporti che rappresentano, con il settore delle assicurazioni, l’architrave merceologico dell’e.commerce in Italia.
Malgrado il considerevole balzo in avanti, tuttavia, l’Italia è ancora indietro rispetto agli altri Paesi Ue, i motivi sono diversi, la poca convinzione degli operatori a destinate più risorse sul commercio elettronico non considerato ancora come settore strategico. Ma già nel 2020, dopo le ottime performance degli ultimi anni, si attendono delle svolte, in particolare ci sarà un salto di “audacia” nel puntare su un mercato considerato finora sperimentale. I nuovi protagonisti della scena dell’e.commerce avranno più “visione”
con la capacità di vedere con chiarezza l’obiettivo da raggiungere; maggiore coraggio nell’affrontare con determinazione un progetto difficile; e perseveranza ossia disposizione ad aspettare con consapevolezza di essere profittevoli. Per contro nella sfida tra piccoli esercenti e negozi virtuali a questi ultimi manca ancora molto, perché il negozio fisico riveste una sua importanza in una Italia che invecchia dove per una persona anziana usare i sistemi elettronici rimane complesso. Può essere secondo varie ricerche, che l’abitudine all’acquisto nel negozio di rione rimarrà il punto vendita fisico che mantiene la sua efficacia: la visita in negozio è decisiva per il 18,4% degli acquisti. Seguono i consigli e il passaparola (16,4%), mentre la pubblicità si attesta al quarto posto, generando l’11% degli acquisti. Il piccolo negozio
forse sarà così, inaspettatamente, l’ultima frontiera contro il Grande Fratello digitale.