Il Governo ha davanti un orizzonte temporale di tre anni, da qui alla fine regolare della legislatura, marzo 2023. Se i partiti di maggioranza non saranno colti da follia autolesionista, dovrebbero impegnarsi per sostenere il Governo e, soprattutto, per utilizzare questi tre anni per delineare una strategia coraggiosa di riforme.
I motivi sono almeno 2: il Paese ha bisogno non di pannicelli caldi ma di una serie di interventi forti che non richiedono tempo sia per essere realizzati sia per produrre effetti palpabili; se queste riforme saranno gestite con saggezza la ricchezza in Italia tornerà a crescere e potrà essere meglio distribuita e i partiti che si intesteranno questi risultati potranno sperare in un consenso maggiore alle prossime elezioni politiche.
Pd, 5 Stelle e Italia Viva hanno tutto da guadagnare da tre anni di “buongoverno” e tutto da perdere se, invece, si mettono a litigare su tutto, si fanno una stupida concorrenza, se paralizzano qualsiasi riforma con veti incrociati regalando così argomenti ad un’opposizione forte e combattiva.
Qualcuno obietterà che le tre anime della maggioranza hanno impostazioni divergenti su troppi problemi. Questo è solo in parte vero.
Le distanze tra Pd e Renzi non sono abissali. Ci sono forti differenze di stile, c’è la tendenza di Italia Viva a voler rompere a tutti i costi con i 5 Stelle mentre il Zingaretti cerca una mediazione. Ma, nella sostanza, i due partiti convergono su molti punti programmatici, anche perchè al Governo siedono ministri che avevano fatto parte dell’esecutivo guidato da Renzi.
Pd e Iv sono convinti europeisti, fautori dello sviluppo, propensi ad una politica del Si e non del No alle grandi opere, garantisti, attenti alle tematiche del Mezzogiorno. Insieme possono convergere sulle riforme strategiche che nei prossimi 3 anni di devono realizzare.
I 5 stelle non sono più quelli di un anno fa. Al di là dall’ ostentazione di coerenza e di immutabilità rispetto a “come eravamo”, nel Movimento sono stati sfatati alcuni tabù, comincia a prevalere una buona dose di ragionevolezza anche perchè il fallimento delle vecchie impostazioni massimalistiche è sotto gli occhi di tutti.
Presi dal dibattito interno non facile i 5 Stelle saranno meno propensi a mettersi a litigare con il Governo ben sapendo che una crisi con eventuali elezioni penalizzerebbe loro in maniera devastante. Dovranno trovare il modo per dimostrare di essere capaci di governare insieme agli altri e di ottenere risultati concreti senza ostinarsi a sventolare vecchi slogan e bandierine sfilacciate.
La sorte del Governo dipenderà molto da come Giuseppe Conte interpreterà il suo ruolo. Dovrà muoversi su due binari: da un lato dovrà saper mediare tra le diverse posizioni, smussando polemiche, disinnescando potenziali rischi di crisi, ma non dovrà limitarsi a fare il mediatore e il pompiere, dovrà sapere prender iniziative coraggiose nei metodi e nei contenuti. Nei metodi dovrebbe “aprire” il Governo agli apporti di “coloro che sanno”, di studiosi, esperti e stakeholders che conoscono meglio di tanti uomini di governo i problemi, possono fornire soluzioni e sono in grado di valutarne le conseguenze in modo concerto e non astrattamente come possono fare uomini dell’amministrazione pubblica.
Nei contenuti tocca a lui individuare la strategia di medio termine e chiedere alle forze di maggioranza non di fare “verifiche ” a chiacchiere ma di trovare insieme soluzioni forti e decisive per incidere come non è mai successo su gravi problemi.
In un prossimo articolo delineeremo una possibile strategia di riforme da attuare nei prossimi 3 anni.