martedì, 17 Dicembre, 2024
Cronache marziane

Kurt e la testa del serpente

La rubrica di questa settimana è la descrizione di un fallimento: quello del tentativo di allontanare l’attenzione nel mio amico marziano (e anche la mia, purtroppo!) dai problemi della giustizia.

Tutto è accaduto sabato mattina, quando Kurt si è presentato con il solito fascio di giornali sotto il braccio, chiedendomi di spiegargli come mai il fulcro dello scontro fra Maggioranza e Opposizione in questa materia sia passato dalla  separazione delle carriere, fra inquirenti e giudicanti, alla riforma del Consiglio Superiore della Magistratura.

Mi ha quindi mostrato due articoli, rispettivamente comparsi su Il Riformista e Il Dubbio – il primo dei quali (“Toghe di via Arenula pronte a silurare la riforma del Csm” di Valentina Stella) ha preceduto l’ottimo intervento di Stefano Vinti (“Alla conquista del garantismo”) – aventi entrambi ad oggetto l’organizzazione del sistema giudiziario ordinario e le deviazioni di cui la giustizia può esser vittima.

Estremamente suggestiva è la tesi di Vinti, secondo cui servirebbe una battaglia per imporre al nostro Governo una svolta effettivamente garantista, visto che – assunte le vesti del legislatore, come dell’amministratore – chi esercita un potere ha perso ogni capacità di esserlo e le molte vicende giudiziarie cui ogni giorno assistiamo impotenti ne sono la prova migliore.

Addirittura allarmante è invece la notizia cui si intitola l’intervento di Stella, che sostiene come il programma garantista del Ministro in carica sia frenato dalle toghe insinuatesi nei suoi uffici tecnici al solo fine di boicottare quel programma e impedire addirittura che venga esercitata la delega votata nella scorsa legislatura: una smentita sul punto – aggiungo io – non ci starebbe male!

Comunque vadano le cose, non c’è dubbio che la questione giustizia debba finalmente essere affrontata in modo organico e non si può più nascondere come, alla base della questione, vi siano le modalità attraverso cui vengono individuati i componenti del CSM e, per l’effetto, il loro modo di esercitare il potere così ricevuto.

Riassumo di seguito  – per i non addetti ai lavori – Il ruolo che il Consiglio Superiore della Magistratura ricopre all’interno della Giustizia nostrana.

Introdotto con l’art. 104 della Costituzione, il CSM è considerato organo di autogoverno dei magistrati italiani, ma (esattamente come accade per i grandi partiti politici) è anche – come tale – largamente dominato da correnti, i cui “capi” emergono attraverso un processo di elezione interno alla magistratura, sulla cui trasparenza è stato più volte avanzato qualche dubbio.

Le correnti rappresentano, a loro volta, diverse fazioni di magistrati che condividono opinioni o interessi comuni. I membri del CSM – che sono in maggioranza magistrati, ma anche docenti universitari e  avvocati – possono così farsi condizionare dalla corrente cui siano affiliati e che operi nell’ambito dell’Associazione Nazionale Magistrati o di altra associazione di avvocati o di docenti universitari.

Accade così che delle associazioni private – perché tali sono quelle appena indicate – vadano a condizionare, attraverso la scelta dei loro candidati (quando eletti) l’esercizio di delicate funzioni pubbliche, talvolta legate all’uso del potere di nomina, talaltra all’uso del potere disciplinare.

Durante queste elezioni, i membri del CSM votano per scegliere i propri rappresentanti e le correnti che detengono una maggiore rappresentanza all’interno dell’organo avranno quindi più possibilità di influenzare le decisioni prese da quell’Organo, una volta insediato,  e di guidarne le attività.

È importante sottolineare che tanto il processo di elezione, quanto la formazione e il peso delle correnti possono  variare nel tempo e sono influenzati dalle dinamiche politiche e dagli interessi dei magistrati coinvolti: ecco perché – pur non essendo questa una figura esclusiva dell’ordinamento italiano (esiste un Conseil Supérieur de la Magistrature in Francia, come una Judicial Appointments Commission nel Regno Unito, per richiamare due esempi) – solamente da noi qualunque pur minimo tentativo di riformare le modalità attraverso cui si arriva alla composizione del CSM si ripercuote inevitabilmente sulle polemiche fra Governo e Opposizione.

Ho capito – ha tagliato corto il Marziano – se è vero che la giustizia morde i cittadini come un serpente, tutte le sue disfunzioni dipendono da questa figura che ne è la testa!

Francamente, questa affermazione mi è sembrata esagerata perché  – nonostante alcune sbavature rilevabili nell’esercizio  del suo ruolo di supervisione e controllore – non considero del tutto corretto rappresentare il CSM come la “testa del serpente” dell’ordinamento giudiziario italiano.

L’immagine di un “serpente” potrebbe infatti suggerire un’idea di pericolosità o, peggio, di una struttura dominante che controlli o manipoli l’intero sistema giudiziario.

Tuttavia, trovo importante sottolineare come il CSM sia stato istituito proprio per garantire l’indipendenza dei magistrati e preservare l’autonomia del potere giudiziario, limitando però il rischio di invasioni nella sfera delle decisioni politiche del Parlamento e del governo attraverso la nomina di (Una minoranza di) componenti non togati che aiutino a mantenere un minimo raccordo fra giustizia e politica.

Il CSM è dunque composto da membri che rappresentano sia Il potere giudiziario che quello politico e ha il compito di adottare decisioni sul reclutamento, la carriera e la disciplina dei magistrati evitando ogni possibile invasione di campo della magistratura sulla politica, o viceversa: il suo ruolo principale è infatti quello di garantire che i magistrati agiscano in modo imparziale e siano soggetti a controlli adeguati che non ne colpiscano però l’autonomia e l’indipendenza.

Pertanto, sebbene il CSM abbia una posizione di rilievo nell’ordinamento giudiziario italiano, sarebbe più appropriato considerarlo come un organo di supervisione e controllo finalizzato a preservare quell’indipendenza e quell’autonomia, anziché rappresentarlo – Secondo l’immagine coniata dal Marziano – come la “testa del serpente”.

Purtroppo però le decisioni del CSM (sia nell’ambito delle commissioni interne, che nel plenum) sono troppo spesso discutibili, per non dire illegittime, perché è lì che meglio si manifesta la cinghia di trasmissione esistente con le correnti cui i componenti eletti appartengono: tanto è vero che è sempre più spesso il giudice amministrativo ad annullare quelle decisioni.

Occorre perciò modificare in radice il metodo attraverso cui le decisioni vengono assunte, rompendo le cinghie di trasmissione che legano gli eletti alle rispettive associazioni di categoria, tutte esposte a condizionamenti esterni non sempre evidenti e trasparenti.

Abbiamo visto però come, a presidio della loro autonomia, i magistrati siano rappresentati, nel CSM, in numero largamente superiore a quello di coloro che invece provengono da altre categorie e così le disfunzioni prima richiamate potranno esser ridotte solamente attraverso un’opportuna iniziativa che tenda al riequilibrio delle diverse componenti

Questo risultato può esser raggiunto essenzialmente in due modi: aumentando il peso numerico dei componenti di nomina parlamentare, oppure richiedendo maggioranze qualificate per l’adozione delle decisioni più importanti.

Questa seconda ipotesi appare preferibile perché consentirebbe ai rappresentanti della politica di avere maggior voce in capitolo, senza alterare il gioco della rappresentanza dei magistrati; ma occorre che anche questi ultimi si rendano conto nella necessità di evitare il ripetersi di episodi che sicuramente non fanno onore al sistema giustiziale italiano.

Le mie considerazioni non sono state condivise da Kurt, che però ha dovuto riconoscere come quello che la giustizia ha saputo imporre agli italiani – negli ultimi trent’anni – non sia accaduto in alcuna altra parte dell’universo; ma non possedendo io navette spaziali, né conoscendo altri detentori di simili veicoli, non sono in grado di valutare se quanto riferisce il Marziano sia vero: posso però dire che appare verosimile e tanto basta per ribellarsi contro chi tenti di frenare le riforme promesse dal Governo Meloni e dal suo Ministro di Giustizia.

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