L’ ambiente e la sua tutela sono uno dei pochi temi che appassionano l’opinione pubblica globale, la cui punta avanzata è proprio rappresentata dalle giovani generazioni.
Ma, più in generale, si diffonde la sensazione di quanti siano fragili gli equilibri ambientali, sempre più stressati dal diffuso inquinamento dell’aria e delle acque e dall’inaridimento delle stesse terre coltivabili, dove il massiccio uso di pesticidi ha compromesso la stessa fertilità.
Né sembra arrestarsi il fenomeno del degrado dell’ambiente e del territorio: un processo degenerativo così allarmante al quale hanno più volte fatto riferimento gli ammonimenti degli ultimi Pontefici, fino a Papa Francesco che ne ha fatto uno degli elementi centrali della sua pastorale.
Purtroppo sono i grandi interessi economici e le ambizioni di potenze grandi e piccole a determinare il percorso verso processi distruttivi senza che a tali atteggiamenti corrispondano politiche e decisioni di segno opposto.
Occorre una svolta, che parta da una duplice consapevolezza.
Quella che non si può più perdere tempo nell’affrontare i molteplici fattori di inquinamento e quella di scongiurare contemporaneamente che un ambientalismo talebano e massimalista si ponga come ostacolo a qualunque tipo di progresso, esorcizzando l’innovazione tecnologica, le grandi infrastrutture e le iniziative per migliorare e qualificare la produzione agricola, il trattamento dei rifiuti.
In Italia, abbiamo cominciato a pagare un prezzo più che consistente ai talebani dell’ambiente quando più di trent’anni fa abbiamo rinunciato a servirci delle fonti energetiche derivanti dal nucleare, un settore dove eravamo all’avanguardia quanto ad innovazioni e a tecnica. Conseguenza l’essere così diventati un Paese, dove l’energia elettrica è fra le più care perché la si acquista in parte da Paesi confinanti, dove le centrali nucleari operano da decenni.
Altri oneri insostenibili rischiano di essere posti dall’accantonamento della produzione d’acciaio, dalla ossessione per una tutela puramente conservativa dell’ambiente rurale che escluda innovazioni o tecnologie, e dall’inseguimento di progetti utopici per superare il rischio delle montagne di rifiuti, come accade a Roma.
L’ambiente resta, con queste osservazioni la stella polare di una politica che parta dalla centralità della persona, un obiettivo, questo, che dovrebbe essere alla base di una rinascita dell’Europa.