Sono passati tre anni dalla comparsa del Covid-19 e il virus continua a tenere in scacco il mondo intero. Lo stato di emergenza è cessato, coma ha dichiarato l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ma resta preoccupante il fenomeno del Long Covid, una sindrome che colpisce milioni di persone e che ha effetti debilitanti che persistono anche dopo la prima infezione. Uno dei più recenti studi sul Long Covid, è stato messo a punto dai ricercatori del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma, coordinato da Francesco Landi, direttore del Dipartimento di Scienze dell’invecchiamento ortopediche e reumatologiche del Policlinico Gemelli di Roma, ordinario di Geriatria all’Università Cattolica del Sacro Cuore. Lo studio ha dimostrato quanto la sinergia tra arginina e vitamina C possa ridurre la stanchezza cronica, tipica del fenomeno. Come emerge dai risultati, infatti, nei soggetti che presentavano sintomi da Long Covid è presente un’alterazione del metabolismo dell’arginina, amminoacido prodotto naturalmente dall’organismo, in grado di stimolare l’ossido nitrico, enzima fondamentale per una perfetta protezione immunitaria e funzionalità vascolare.
Altri ricercatori stanno studiando il naltrexone a basso dosaggio, un farmaco normalmente usato per la dipendenza da oppioidi, che potrebbe ostacolare l’infiammazione nel corpo dei pazienti. Nel Regno Unito uno studio chiamato Stimulate-Icp sta esplorando l’uso di un anticoagulante chiamato Rivaroxaban per trattare i micro-coaguli nel sangue, che secondo alcuni causerebbero il Long Covid bloccando l’apporto di ossigeno ai tessuti dell’organismo.
Le ipotesi sulle cause
Le incognite restano comunque molte e i pazienti colpiti, cercano di far fronte ai loro sintomi e di convivere con le conseguenze a lungo termine di questa malattia così invalidante e ancora sconosciuta. Negli ultimi mesi, la comunità scientifica ha decretato che non si tratta di un singolo disturbo, ma di un insieme di malattie che variano da persona a persona, rendendo estremamente difficile individuare una terapia valida per tutti i casi. Per alcuni scienziati il malessere potrebbe essere causato dall’autoimmunità oppure dalla rivolta del sistema immunitario che inizia ad attaccare il corpo o dai frammenti del virus che rimangono nell’organismo a lungo dopo l’infezione iniziale, portando così il sistema immunitario a essere costantemente attivato. In altri casi ancora, la sindrome potrebbe dipendere da danni duraturi a determinati organi o tessuti o dal risveglio di virus “dormienti” incontrati in passato.
Difficile creare dei protocolli univoci
Non tutte le persone manifestano la totalità dei sintomi, che possono variare anche per gravità e durata, il che rende difficile capire quali soggetti inserire in uno specifico studio clinico, a causa della complessità del quadro sintomatologico. Attualmente, le diagnosi funzionano per esclusione ovvero stabilendo che i sintomi non possano essere spiegati da nessun’altra causa.