Papa Francesco nei tre giorni di visita pastorale in Ungheria, incontrando la presidente della Repubblica, Katalin Novak, ed intrattenendosi a lungo con Viktor Orbàn e i suoi famigliari ha approvato la politica del governo magiaro ed ha invitato l’Europa a recuperare la sua anima.
Francesco ha lodato in particolare le politiche a favore della natalità e della famiglia ed ha centrato i suoi discorsi sull’Europa e sui suoi destini. “E’ essenziale ritrovare l’anima europea”…ha detto: “il sogno è costruire un’Europa centrata sulla persona e sui popoli, dove vi siano politiche effettive per la natalità e la famiglia, perseguite con attenzione in questo Paese, dove nazioni diverse siano una famiglia in cui si custodiscono la crescita e la singolarità di ciascuno”; bollando “una realtà fluida dell’Unione Europea, se non gassosa, in una sorta di sovra nazionalismo astratto, dimentico della vita dei popoli” e sottolineando con decisione le radici cristiane del nostro continente: “nella costruzione di questa Europa la fede cristiana è di aiuto e l’Ungheria può fare da pontiere. Il ponte più celebre di Budapest, quello delle Catene, ci aiuta a immaginare un’Europa formata da tanti grandi anelli diversi, che trovano la propria saldezza nel formare solidi legami”.
E’ una vera e propria rivoluzione del pensiero più conosciuto e della pastorale più strumentalizzata di Papa Francesco, quella che ha operato in terra magiara il Santo Padre. “Cristo è il nostro futuro, perché è Lui a guidare la storia. Ne erano fermamente convinti i vostri confessori della fede: tanti vescovi, sacerdoti, religiose e religiosi martirizzati durante la persecuzione ateista; essi testimoniano la fede granitica degli ungheresi. E non a caso ha ricordato il cardinale perseguitato dai comunisti, Jozsef Mindszenty, il quale credeva nella potenza della preghiera, al punto che ancora oggi, quasi come un detto popolare, qui si ripete: “Se ci saranno un milione di ungheresi in preghiera, non avrò paura del futuro”. Ricordando la persecuzione comunista, il pensiero ed il sacrificio del Cardinale Mindszenty, il Papa ha voluto indicare che solo la fede cristiana è di aiuto e che l’Ungheria ha un grande ruolo da svolgere e può fare da “pontiere”, avvalendosi del suo specifico carattere ecumenico: “qui diverse confessioni convivono senza antagonismi, collaborando rispettosamente, con spirito costruttivo” e può “ricucire l’unità” e non “allargare gli strappi”.
Il Papa non ha fatto sconti al pensiero dominante ed ha attaccato la via “nefasta delle colonizzazioni ideologiche, che eliminano le differenze, come nel caso della cosiddetta cultura gender, o antepongono alla realtà della vita concetti riduttivi di libertà, per esempio vantando come conquista un insensato diritto all’aborto, che è sempre una tragica sconfitta”. (Discorso dall’ex Monastero Carmelitano – Budapest – Venerdì, 28 aprile 2023).
Tutti questi temi: la famiglia, la natalità, l’ideologia gender sono stati del tutto silenziati dalla grande stampa italiana per non fare apparire il quarantunesimo viaggio all’estero del Papa una legittimazione delle politiche pro famiglia del leader Orban, che dal suo canto ha confermato al Santo Padre che : “L’Ungheria ha un futuro se rimane sulla via cristiana e la via cristiana è oggi la via della pace”.
In più occasioni Francesco poi ha affrontato il tema drammatico della guerra ed ha accusato la politica di “avere come effetto quello di infiammare gli animi, anziché di risolvere i problemi, dimentica della maturità raggiunta dopo gli orrori della guerra e regredita a una sorta di infantilismo bellico”. “In questa fase storica i pericoli sono tanti, ma mi chiedo anche pensando alla martoriata Ucraina, dove sono gli sforzi creativi di pace? Dove Stanno?”.
Il Santo Padre nel corso della sua missione ha preso di petto in sostanza la “questione antropologica”, che si gioca su un terreno sul quale è impossibile ogni forma di mediazione scegliendo il campo dei valori indisponibili. Ed è proprio per questo i progressisti ed i cosiddetti “cattolici adulti” con i loro grandi mezzi di informazione, in questa occasione, praticamente lo hanno silenziato.
Sono questi valori “non negoziabili” radicati nella retta regione e quindi validi anche per i non credenti, senza i quali non si è in grado di tutelare nemmeno il vivere civile: la sacralità della vita dal suo concepimento al suo termine naturale, la bioetica, l’istituto familiare, la coesione e la solidarietà sociale, la libertà di educazione, in sostanza il “Bene Comune” rispetto all’individualismo ed al relativismo che caratterizzano l’epoca attuale. Tali principi affermati con forza dal Santo Padre rappresentano, anche per il luogo dove sono stati proclamati e sostenuti, vere e proprie indicazioni politiche che non possono essere confinate alla sfera delle testimonianze individuali, ma richiedono espressioni e scelte programmatiche chiare e coerenti da far valere sul piano pubblicistico in Europa… ed in Italia.
Su tali prospettive si fonda la rinascita della politica e dell’Europa.
L’esigenza di un forte carattere identitario deriva dalla necessità di contrastare l’ideologia relativista che si è diffusa in Occidente e che si è rivelata non in grado di affrontare i problemi che sorgono dalle società contemporanee, come invece era stato possibile con l’incontro tra la fede cristiana, il pensiero greco ed il patrimonio di Roma che aveva consegnato alla civiltà occidentale una impronta perenne ed una visione dell’uomo integrale oggi sotto attacco.
Per questo il Santo Padre ha riproposto con forza il magistero sociale della Chiesa ed ha indicato che è ancora possibile percorrere una strada che riconsegni un grande destino all’uomo d’oggi, all’Italia ed all’Europa.