venerdì, 15 Novembre, 2024
Agroalimentare

Caro pasta, interviene il Governo. I pastai: “Rincari? Pronti al confronto”

La denuncia dei consumatori. L’11 maggio Commissione di allerta contro le speculazioni

Prezzi alimentari in vertiginosa crescita con la pasta che diventa un caso per sospetta speculazione. Sono gli ingredienti che hanno innescato l’iniziativa del Governo e del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, che hanno fissato la  convocazione per l’11 di maggio, della prima riunione della “Commissione di allerta rapida”, creata con il decreto trasparenza. Si tratta di una “allerta” sui prezzi che permetterà al Mimit, su sollecitazione del ministro Adolfo Urso, di fare una ricognizione sui prezzi della pasta e, soprattutto, il perché di un aumento che per le Associazioni dei consumatori appare del tutto ingiustificato. Sui rincari interverrà anche l’Antitrust con l’obiettivo di fare chiarezza su possibili fenomeni speculativi. Sull’altro fronte invece Riccardo Felicetti, presidente dei pastai di Unione italiana food, precisa di essere “Favorevole ad azioni volte ad analizzare le dinamiche dei prezzi. Quelle della pasta, come ben noto, dipendono da molti fattori”.

Rincari, mercati e speculazioni

A “dare il la” agli interventi la denuncia dell’Unione italiana consumatori che segnala come in poco meno di ventiquattro mesi il prezzo di un chilo di pasta è aumentato del 37%. Con un significativo balzo nel marzo scorso dove il rialzo è stato del 17,5% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Quindi un balzo che è andato al doppio dell’inflazione. Rincari, questo il sospetto di speculazione, avvenuti contestualmente al calo delle quotazioni del grano duro, che agli agricoltori è stato pagato il 30% in meno nell’ultimo anno, cioè nello stesso periodo in cui il prezzo della pasta aumentava del 18%.

Costi giù e prezzi in alto

A chiedere in coro immediati chiarimenti per l’altalena dei prezzi sono le Associazioni dei consumatori, puntualizzando nell’esposto all’Antitrust, un dato preso dall’Ismea: il frumento duro nazionale da aprile 2022 ad aprile 2023 è sceso del 28,3%, il frumento duro extra Ue addirittura del 34,4%. Un dato raccolto dal ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso che ieri ha dato mandato al Garante per la sorveglianza dei prezzi, “Mister Prezzi”, Benedetto Mineo, di convocare la Commissione di allerta rapida per analizzare la dinamica del prezzo della pasta.

La mappa del caro pasta

Ieri sull’onda di denunce e chiarimenti, Assoutenti ha stilato la mappa ufficiale del caro-pasta in Italia. Con risultati anche questi da porre sotto “osservazione”. Ancona è risultata dal monitoraggio la città italiana che ha il prezzo più alto mentre a Cosenza la pasta ha il costo più economica. Mentre a Siena si registra l’incremento annuo più pesante. E solo in 12 province i listini di spaghetti, rigatoni, penne eccetera risultano oggi inferiori ai 2 euro al kg. “Nel dettaglio a marzo, in base agli ultimi dati ufficiali, il record del caro-pasta spetta ad Ancona, dove il prezzo medio si è attestato a 2,44 euro al kg”, illustra Assoutenti, “In seconda posizione troviamo Modena (2,41 euro/kg) seguita da Cagliari (2,40 euro/kg), Bologna (2,39 euro/kg) e Genova (2,38 euro al kg). A Cosenza, invece un chilo di pasta costa in media 1,48 euro, seguita da Palermo e Siracusa (1,50 euro al kg). Tra la città più costosa e quella meno cara (Ancona e Cosenza) la differenza di prezzo è del 64,8%, pari a quasi 1 euro in più al chilogrammo. Se si confrontano i prezzi attuali con quelli in vigore a marzo 2022, si scopre che i rincari più pesanti si registrano in diverse province della Toscana: il record spetta a Siena, dove un chilo di pasta sale da una media di 1,37 euro/al kg dello scorso anno ai 2,17 euro di oggi, con un aumento del 58,4%. Incrementi superiori al 50% anche a Firenze (52,8%) e Pistoia (51,8%). Ad Alessandria le variazioni annue più contenute (+4,6%), mentre a Sassari e Napoli i prezzi salgono “appena” del 9,9% in un anno. Il prezzo medio della pasta in Italia è attualmente pari a circa 2,13 euro al kg, con un aumento medio del +25,3% rispetto allo scorso anno (quando i listini erano pari a 1,70 euro/kg).

Agricoltori primi a rimetterci

A fare i calcoli sulla materia prima sono gli agricoltori, che sono i primi ad interrogarsi sulla “distorsione” del mercato che penalizza proprio i produttori.

Coldiretti, ad esempio, ricorda che in Italia il grano duro per confezionare la pasta pagato circa 36 centesimi al chilo ad un valore che non copre i costi di produzione ed è inferiore di oltre il 30% rispetto allo stesso periodo scorso anno mentre il prezzo della pasta è aumentato il doppio dell’inflazione. “Distorsione”, fa presente la Coldiretti, “che appare chiara anche dall’andamento dei prezzi medi al consumo che secondo l’Osservatorio del ministero del Made in Italy variano per la pasta da 2,3 euro al chilo di Milano ai 2,2 euro al chilo di Roma, dai 1,85 di Napoli ai 1,49 euro al chilo di Palermo mentre le quotazioni del grano sono pressoché uniformi lungo tutta la Penisola a 38 centesimi di euro al chilo”. Da sottolineare che questa mancata remunerazione del lavoro e dei costi ha provocato anche una disaffezione dei produttori. Le superfici agricole coltivate a frumento duro, secondo le nuove stime del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, sono in flessione per un investimento di 1,22 milioni ettari con una riduzione di circa il 2% rispetto all’anno precedente.

Associazioni all’attacco

Le Associazioni dei consumatori sono per la linea dura. Giudicano positivamente la convocazione della Commissione di allerta rapida sui prezzi, ma all’Antitrust fioccano le denunce per fare chiarezza su possibili fenomeni speculativi. “L’Istat, nel dato sull’inflazione di marzo, registra rincari medi per la pasta del 18,2% rispetto allo scorso anno, con ricadute pari in media a +25,5 euro annui a famiglia. Aumenti dei listini che”, osserva il presidente Codacons, Carlo Rienzi, “non sarebbero giustificati dall’andamento delle quotazioni del grano. È necessario quindi verificare cosa, nello specifico, determina incrementi così forti dei listini, e se vi siano anomalie sul mercato tese a mantenere elevati i prezzi al dettaglio di un prodotto molto presente sulle tavole degli italiani, al punto che ogni cittadino consuma circa 23 chili di pasta all’anno”.

Cosa c’è dietro i rincari

Chiarire se ci sono state pratiche commerciali scorrette e violazione delle norme in tema di diritti dei consumatori, e quanto chiede anche Assoutenti.  “Ad aprile abbiamo segnalato alcune anomalie nell’andamento dei prezzi al dettaglio della pasta in Italia”, spiega il presidente Furio Truzzi. In base al dossier realizzato da Assoutenti, la pasta ha subito, nell’ultimo anno, ”rincari fortissimi che non sembrano giustificati dalle quotazioni del grano”.

Legge anti speculazione

Un impegno legislativo per stroncare i fenomeni speculativi viene sollecitato anche da Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori. “Fino a che la speculazione non sarà definita come una pratica scorretta, si avranno sempre le armi spuntate contro i prezzi troppo alti, salvo vi siano prove di abusi di posizioni dominanti o di intese restrittive della concorrenza”, osserva Dona, “i prezzi della pasta (fresca e secca) stanno salendo ininterrottamente da giugno 2021 e da allora a marzo 2023 sono rincarati del 37%. Secondo i dati Ismea, invece, il frumento duro nazionale da aprile 2022 ad aprile 2023 è sceso del 28,3%, il frumento duro extra Ue addirittura del 34,4%. Le cause iniziali dei rincari, ossia i cattivi raccolti in Canada e negli Stati Uniti, sono risolte”, spiega il presidente dell’Unione nazionale consumatori, “Se nel 2021 il Canada ha avuto una riduzione del raccolto del 53,8% rispetto al 2020, nel 2022 la produzione è salita del 79,1% rispetto al 2021”.

Pastai, pronti al confronto

Sul fronte dei produttori i pastai annunciano che sono pronti al confronto. “Siamo sempre stati dalla parte dei consumatori e continueremo a farlo. Siamo favorevoli ad azioni volte ad analizzare le dinamiche dei prezzi. Quelle della pasta, come ben noto, dipendono da molti fattori. Il grano”, osserva Riccardo Felicetti, presidente dei pastai di Unione italiana food, “ha prezzi troppo fluttuanti e non è l’industria della pasta a determinare il prezzo del grano duro, a farlo è il mercato globale con meccanismi e quotazioni internazionali. A ciò si aggiunga il costo della trasformazione in semola, quello energetico, del packaging, della logistica e dei vari passaggi della filiera. C’è da ricordare che la pasta oggi a scaffale è stata prodotta mesi fa con grano duro acquistato alle quotazioni del periodo ancora precedente e con i costi energetici del picco di crisi. Ciò premesso, ben vengano le verifiche: i pastai sono aperti a tutti i confronti del caso”.

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