La vitivinicoltura del Trentino raccoglie la sfida dell’abbandono delle terre delle aree interne dando impulso allo sviluppo sostenibile, economico e sociale (standard Esg) e valorizzando i vitigni gli autoctoni. Dallo scorso giugno è avvenuto un passaggio importante, la pubblicazione del primo bilancio di sostenibilità, una ripartenza e un progetto voluto dal Consorzio dei Vini del Trentino, capofila in Italia con una certificazione territoriale che interessa il 95% del vigneto e 5.700 aziende. “Quasi tutte le aziende e soprattutto le cantine sociali – ci racconta il presidente Pietro Patton – tornano a dare attenzione ai vitigni autoctoni. Dobbiamo continuare a valorizzarli, ma c’è bisogno di areali dedicati con caratteristiche microclimatiche favorevoli, per questo dobbiamo migliorare il sistema di zonazione”. E nulla è più efficace della cura dell’ambiente portata avanti dai produttori e piccoli viticoltori che presidiano un paesaggio che altrimenti sarebbe abbandonato in una zona difficile come la montagna.
L’esempio della Val di Cembra
Un esempio ci arriva dalla Val di Cembra, il territorio di elezione del vitigno Müller Thurgau, una tra le poche zone al mondo adatta alla produzione di questo tipo di vini, poiché un luogo caldo o con altre caratteristiche microclimatiche non permetterebbe di sviluppare la stessa personalità organolettica. In questo contesto l’opera del viticoltore ha addomesticato i ripidi pendii con muretti a secco, un mosaico di piccoli terrazzamenti che misura 700 km lineari per 700 ettari di vigna, in una fascia dai 300 metri fino ai 900 slm, con una media di 600 metri di altitudine. In tale contesto 1 ettaro di vigneto comporta 900-1.000 ore di lavoro l’anno, mentre su colline più morbide del Trentino, parzialmente meccanizzate, il lavoro si dimezza.
In questo mosaico complesso il Müller Thurgau, che fruttifica a maturazione più lenta e che tende all’acidità, risponde in modo diverso a seconda delle altezze e la qualità si esprime con maggior freschezza e mineralità, dovuta alla componente porfirica. Essendo la valle stretta e lunga (15 km da Lavis a Cembra) si possono trovare espressioni e sfumature interessanti, vini più fruttati verso l’interno, dove i terreni sono più ricchi di dolomia e argilla, più strutturati dove invece il clima esposto a sud si fa più mite.
Attenzione alla sostenibilità
Protagonista del territorio è una cooperativa di 300 soci con 300 ettari coltivati e 1 milione di bottiglie, la metà della produzione in valle. La cantina dal 2000 non utilizza solfiti grazie a un sistema di lavorazione sotto azoto: il mosto è così protetto per preservarlo dal contatto con l’aria (attraverso un “polmone” inserito in pressatura). Dal 2007 utilizza anche una macchina che lava l’uva raccolta con acqua e acido citrico, per una maggior igiene del prodotto. L’impegno sulla sostenibilità è importante. Se le uve Chardonnay e Pinot Nero provengono dalle pendici trentine, vinificate secondo il disciplinare del Trento Doc, da tempo Ferrari certifica l’impegno sociale, economico e ambientale con un report annuale di sostenibilità per potenziare uno sviluppo armonico e rispettoso dell’ambiente, del lavoro e della comunità, contribuendo alla lotta al cambiamento climatico, alla salute e al benessere sociale.
Ferrari e la svolta bio
I vigneti del gruppo Lunelli sono bio dal 2017 e per aumentare la fertilità dei terreni è praticata la tecnica tradizionale del sovescio. L’azienda è certificata Biodiversity Friends e nell’ambito del progetto “aria-terra-acqua” del Muse di Trento ha introdotto arnie e nidi per gli uccelli tra le vigne. Ha inoltre promosso tra i 600 viticoltori che operano al servizio della cantina, seguiti dagli agronomi del gruppo, il protocollo “Vigneto Ferrari per una viticoltura di montagna salubre e sostenibile”; un sistema di buone pratiche sviluppato con la supervisione della Fondazione Edmund Mach e certificato da Csqa e che ha permesso di eliminare concimi di sintesi e diserbanti. Sempre in vigna è stato adottato il sistema Anima Vitis per una gestione di precisione basata su sensori a infrarossi ed è stato introdotto il sistema d’irrigazione intelligente Bluetentacles per ridurre il consumo d’acqua. Infine dal 2021 l’azienda usa esclusivamente energia rinnovabile grazie a un impianto fotovoltaico sul tetto.
E c’è anche un forte impegno diretto alla migliore gestione idrica. L’impegno della sostenibilità di Ferrari interessa infine la comunità e le persone. Ad esempio il 92% dei contratti è a tempo determinato ed è attivo un piano di welfare aziendale. Nel sociale il gruppo sostiene progetti e iniziative per la comunità e in Paesi in via di sviluppo, collaborando con i servizi sociali del comune di Trento e strutture di accoglienza per l’inserimento lavorativo nell’attività agricola di persone in difficoltà e per progetti d’agricoltura sociale.