martedì, 17 Dicembre, 2024
Ambiente

Plastica e ambiente. Le industrie del riciclaggio alle prese con il rebus dei nuovi Cam

Sta suscitando viva preoccupazione tra le industrie produttrici di prodotti in plastica destinati alla raccolta dei rifiuti (cassonetti urbani, contenitori, buste di vario genere) l’entrata in vigore del decreto 23 giugno 2022 del Ministero dell’Ambiente e della transazione, recante “Criteri ambientali minimi per l’affidamento del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti urbani, della pulizia e spazzamento e altri servizi di igiene urbana, della fornitura di contenitori e sacchetti per la raccolta dei rifiuti urbani, della fornitura di veicoli, macchine mobili non stradali e attrezzature per la raccolta e il trasporto di rifiuti e per lo spazzamento stradale”.

Il nodo dei nuovi requisiti

Si tratta di un atto che ridefinisce i così detti “Cam” (criteri ambientali minimi) che costituiscono i requisiti stabiliti per le varie fasi del processo di acquisto della Pubblica Amministrazione “volti a individuare la soluzione progettuale, il prodotto o il servizio migliore sotto il profilo ambientale lungo il ciclo di vita, tenuto conto della disponibilità di mercato” come recita il sito governativo. Nella sostanza le norme cui devono adeguarsi le Amministrazioni, quando bandiscono una gara per forniture o servizi nel settore rifiuti e che determinano i punteggi da attribuire ed eventuali criteri di esclusione.

Un arrivo “silente”

Il decreto, concepito dal precedente Governo, quindi dal Mite guidato da Roberto Cingolani, è arrivato in maniera silente sul tavolo delle maggiori industrie del settore. Pubblicato, infatti sulla Gazzetta Ufficiale di venerdì 5 agosto 2022 è passato pressoché inosservato sia per il periodo della sua pubblicazione (il venerdì precedente le ferie estive) e per la ritardata previsione della sua entrata in vigore, praticamente dal gennaio 2023.

Realtà italiano e piani eco

I nuovi criteri, spiegano le imprese del settore – che stanno per costituire un fronte comune per “suggerire” adeguamenti e miglioramenti – in effetti, stabilendo differenti previsioni nella provenienza dei rifiuti in plastica perché i beni prodotti ottengano il marchio previsto dai nuovi Cam, dettano disposizioni e modalità sia di approvvigionamento dei rifiuti da riciclare per produrre plastica per quegli usi, sia di risultato tecnico, che non tengono alcun conto della realtà italiana e delle possibilità tecniche concrete per ottenere una produzione eco-sostenibile e premiante per l’economia circolare.

Punteggi e problemi

In particolare le imprese produttrici lamentano che i maggiori punteggi stabiliti per i rifiuti provenienti dal riciclaggio della raccolta differenziata urbana pongono seri problemi, sia per l’inesistenza di un mercato reale, sia perché ad oggi esiste un solo marchio che certifichi la provenienza urbana dei rifiuti plastici riciclati.
Ma anche il fatto che la qualificazione necessaria di plastica riciclata proveniente dai rifiuti domestici urbani può essere realizzata esclusivamente dall’impianto di riciclo, ma non dal produttore del cassonetto.

Nessun tracciamento

Tra l’altro si osserva che gli impianti di riciclo di rifiuti plastici in Italia non hanno strumenti di tracciamento sulla provenienza del rifiuto plastico in ingresso all’impianto che non sia il CER ed il produttore: si tratta di informazioni non sufficienti a garantire la provenienza urbana o speciale del rifiuto: avvertendo che col criterio dell’assimilazione l’origine potrebbe essere ampliata a dismisura.

Una riflessione da fare

Un tema da approfondire, insomma, perché l’economia circolare nel settore delle materie plastiche in particolare, è punto cruciale di qualsiasi programmazione economicamente sostenibile.

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