Che ne sarà del governo Conte nel 2020? A sentire il presidente del Consiglio andrà avanti per tre anni. Sarà vero? Forse sì. Ma la durata della “maratona” del governo dipende innanzitutto da quel che succederà nel Pd e nei 5 stelle.
Il Pd subirà a fine gennaio il cruciale esame delle elezioni regionali in Emilia Romagna. Il 26 gennaio si vota anche in Calabria e nel corso del 2020 alle urne andranno Veneto, Liguria, Campania, Toscana, Puglia e Marche.
L’esito del voto nella più tradizionale delle Regioni a guida Pd sarà determinante: è una linea del Piave da cui il partito di Zingaretti non può arretrare per non innescare un effetto domino devastante che potrebbe portare alla crisi di Governo. L’infelice idea di Di Maio di sottoporre alla piattaforma Rousseau il quesito se il Movimento 5 stelle dovesse presentarsi o no alle regionali in Emilia ha complicato notevolmente la partita mettendo, di fatto, il M5S in competizione con il Pd. Se il Pd vince contro la Lega a Bologna tutto sarà più facile sia per Zingaretti che per Conte. Ma se ci dovesse essere una sconfitta, prenderebbero piede le posizioni di chi nel Pd è insoddisfatto del modo di comportarsi dei 5 stelle e spinge per andare appena possibile alle urne.
D’altro canto anche nel M5S è arrivata l’ora della verità. Di Maio ha poche settimane per dimostrare di essere ancora in grado di evitare lo sfarinamento del Movimento e l’emorragia di parlamentari che sembra pronta a scattare non necessariamente in chiave antigovernativa.
Il redde rationem interno potrebbe travolgere il capo politico e creare un vuoto di potere ai vertici del M5S dagli esiti imprevedibili. Per ora la componente contraria alla caduta del Governo è ampiamente maggioritaria, anche perché le elezioni anticipate decimerebbero i ranghi dei 5S. Ma se Di Maio dovesse cadere o, per resistere, dovesse allearsi con l’ala più nostalgica del rapporto con la Lega, per Conte i tempi si farebbero bui.
Eppoi c’è Renzi. La sua Italia Viva stenta a decollare ma comunque non molla lo zoccolo duro del 4,5%. Renzi cerca visibilità su ogni provvedimento del Governo ma finora con risultati non eccelsi. Spinge l’acceleratore e sembra voler far schiantare Conte se non accetta le sue condizioni, ma poi frena bruscamente per evitare il peggio: elezioni con questa legge elettorale darebbero a Renzi meno della metà dei parlamentari di cui dispone adesso.
Se le fibrillazioni all’interno dei partiti di maggioranza saranno controllate il Governo potrà continuare per la sua strada.
Ma sulla strada di conte possono pesare anche le vicissitudini della Lega e del suo leader incontrastato Salvini.
Dopo aver definitivamente chiuso la pagina della Lega nordista, col recente congresso lampo di Milano Salvini ha preso il controllo totale del partito nazionale e nazionalista. Questa sua escalation di potere, però arriva nel momento più delicato delle vicende giudiziarie che o coinvolgono o sfiorano il “capitano”. È scontato che il Parlamento darà l’autorizzazione a procedere contro Salvini per la vicenda della nave Gregoretti. Le accuse sono pesanti e se interverrà una condanna Salvini sarà messo fuori gioco. Ma nel frattempo stringono i tempi per una chiusura delle indagini preliminari sulla vicenda Moscopoli. Difficile fare previsioni ma impossibile affermare che la vicenda non sfiori Salvini che di Savoini è il padre protettore. L’indebolimento di Salvini, per via giudiziaria, sarebbe una buona spinta per Conte ad andare avanti.
Insomma le nuvole per il Governo posso essere spinte solo dai venti dei partiti della maggioranza.