Lo sciopero dei benzinai è terminato ma non le ostilità contro il Governo. La sfida è demandata al Parlamento dove i sindacati sperano di poter vedere accolte le richieste di una riforma globale del settore.
Ieri pomeriggio a malincuore Fegica e Figisc Confcommercio le due sigle ribelli, hanno annunciato la fine della serrata, e sottolineano: “Solo a favore degli automobilisti non certo del Governo”. In realtà le sigle sindacali si sono trovate a fare i conti anche con una spaccatura interna, dopo che la Faib Confesercenti già martedì sera aveva ridotto lo sciopero ad un solo giorno trovando elementi nuovi e positivi nella decisione del Governo di ammorbidire le sanzioni del “Decreto Trasparenza”.
I problemi rimangono
Fegica e Figisc Confcommercio ieri hanno avuto un nuovo incontro “tecnico” al Ministero delle imprese – assente il ministro Adolfo Urso impegnato in una missione a Bruxelles – senza tuttavia avere motivi di soddisfazione, al contrario delusione e critiche all’Esecutivo rimangono intatte. Le dichiarazioni dei leader sindacali sono cariche di risentimento.
“La mobilitazione resta in piedi” spiega il presidente della Fegica Roberto Di Vincenzo al termine dell’incontro. “Pur riconoscendo di aver potuto interloquire in maniera costruttiva con il ministero che si è speso per diventare interlocutore propositivo, l’incontro ha confermato il persistere di molte criticità”.
Le critiche al Governo
“Anche quest’ultimo ennesimo tentativo di rimediare ad una situazione ormai logora”, fanno presente Fegica e Figisc, “non è riuscito ad evidenziare alcun elemento di concretezza che possa consentire anche solo di immaginare interventi sui gravissimi problemi del settore e di contenimento strutturale dei prezzi. Le proposte emendative avanzate dal Governo al suo stesso decreto non rimuovono l’intenzione manifesta di individuare i benzinai come i destinatari di adempimenti confusi, controproducenti oltreché chiaramente accusatori”. Appare ormai chiaro, aggiungono, “che ogni tentativo di consigliare al Governo ragionevolezza e concretezza non può o non vuole essere raccolto. Per questa ragione anche insistere nel proseguire nell’azione di sciopero, utilizzata per ottenere ascolto dal Governo, non ha più alcuna ragione di essere. Tanto più che uno degli obiettivi fondamentali, vale a dire ristabilire la verità dopo le accuse false e scomposte verso una categoria di lavoratori, è stato abbondantemente raggiunto”.
Confronto in Parlamento
Secondo Fegica e Figisc Confcommercio i cittadini italiani, “hanno perfettamente capito. È, quindi, a loro, ai cittadini che i benzinai si rivolgono, non certo al Governo, revocando il secondo giorno di sciopero già proclamato, eliminando ogni possibile ulteriore disagio, a questo punto del tutto inutile. I distributori quindi riapriranno già da questa sera. Il confronto a questo punto si sposta in Parlamento dove i benzinai hanno già avviato una serie di incontri con tutti i gruppi parlamentari perché il testo del decreto cosiddetto trasparenza raccolga in sede di conversione le necessarie modifiche”. Il presidente di Figisc Bruno Bearzi spiega: “Il decreto è ormai in X commissione e mi auguro che ci siano modifiche di buon senso portate dal governo e dalle opposizioni. Questo porta in là di due mesi l’entrata in vigore del testo che dovrà andare al Senato. C’è tempo per migliorarlo”.
L’appello del ministro
Ieri pomeriggio il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso prima di partire per Bruxelles auspica la riduzione della durata dello sciopero. “Mi auguro che non ci sia la seconda giornata di sciopero e si riduca il disagio per i cittadini, ancora più significativo nell’eventuale seconda giornata”. “Il governo è impegnato in maniera continuativa”, ricorda Urso, “per giungere a un riordino complessivo del settore perché ne ha davvero bisogno”.
Serrata, la sfida dei dati
Per effetto della tregua sindacale già da ieri sera alle 19 i distributori hanno riaperto le attività. La guerra dei numeri sulla adesione allo sciopero è rimbalzata tra un bollettino e l’altro. Secondo fonti Faib, è dell’80-90% l’adesione sulla rete stradale (pari a 12-13mila impianti sui 22mila totali). Secondo il presidente di Figisc Bruno Bearzi, l’adesione allo sciopero “è stata dell’80-90% nonostante una forte attività delle prefetture per precettare”. “C’è stata da parte delle prefetture una volontà, un accanimento che non ho mai visto in 30 anni che faccio sindacato”, anche “sollecitati da alcuni consumatori che si sono esposti per avere un minimo di visibilità”, ha detto. La sigla Figisc conta 8-9mila iscritti.
Autonomi contro le sigle storiche
“Uno sciopero flop che deve far riflettere la categoria dei gestori carburanti”. A dirlo è il presidente dell’associazione dei gestori autonomi Angac Confsal, Giuseppe Balia, secondo cui “le sigle storiche Faib, Figisc e Fegica non sono più credibili”. Quella dei gestori, prosegue Balia in una nota, è “una categoria disarmata che ha bisogno di riconquistare fiducia sulla rappresentanza sindacale non più rispondente alle esigenze del gestore. Una categoria delusa”, prosegue il presidente dell’Angac, “ridotta a sopportare vessazioni da parte delle compagnie petrolifere che, tramite accordi commerciali firmati da sigle che si autoproclamano maggiormente rappresentative, si ritrovano ad espletare un lavoro da veri schiavi del caporalato, con la paura costante che al minimo sbaglio si ritrovano con la risoluzione del contratto”. Una categoria, prosegue l’associazione dei gestori autonomi, “ostaggio del potere petrolifero e senza tutela sia da parte della politica che della giustizia”.
Codacons: lo Stato incassa
Gli automobilisti costretti a fare un pieno “preventivo”, in vista dello sciopero dei distributori , avrebbero fatto incassare allo Stato in un solo giorno poco meno di un miliardo. La proiezione è del Codacons: ipotizzando che la metà del parco auto circolante in Italia abbia messo una media di 50 litri di carburante e considerando il prezzo medio ultimo rilevato da QE prima dell’avvio dello sciopero (benzina 1,846 euro/litro, gasolio 1,890 euro/litro), spiega l’associazione, la spesa per la benzina sarebbe di 798.395.00 euro, quella per il gasolio 815.062.500 euro, infine la spesa per il gasolio degli autocarri ammonterebbe a 236.250.000 euro per un totale complessivo di 1.849.707.500 euro. Il peso delle tasse sarebbe: per la benzina 461.472.310 euro (peso tasse su un litro di verde: 57,8%); per il gasolio 415.681.875 euro (peso tasse su un litro di gasolio 51%), gasolio autocarri 120.487.500 euro con un totale di incassi per lo Stato di 997.641.685 euro.
Il Pd con Bonaccini attacca
“Il centrodestra aveva propagandato”, osserva polemico il presidente dell’Emilia-Romagna e candidato alla segreteria del Pd Stefano Bonaccini, “che una volta al governo avrebbe ridotto il costo della benzina e ‘sterilizzato’ le accise, ma nel momento in cui è andato al governo, ha tolto i benefici fiscali disposti dall’esecutivo Draghi lo scorso anno e il costo della benzina è diventato il più alto d’Europa: è evidente che si è creato un cortocircuito che porta a questa discussione e al fermo dei benzinai”. “Ogni tanto si può anche ammettere di avere sbagliato o esagerato nelle promesse. Non ha funzionato, è una delle tante marce indietro che il governo sta facendo e spero nell’interesse degli italiani che si trovino soluzioni”.
Gli ambientalisti esultano
Lo sciopero dei benzinai, se tradotto in un minor consumo di carburanti, potrebbe giovare all’ambiente e alla salute umana. A dirlo è la Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima), che oggi ha diffuso i dati sull’inquinamento prodotto dai carburanti nel nostro paese. “È notorio che le automobili ogni giorno utilizzate dai cittadini per i propri spostamenti generano emissioni nocive”, spiega il presidente Alessandro Miani, “L’elemento principale prodotto dai motori a combustione è l’anidride carbonica (CO2), ma c’è anche il CO, ossia il monossido di carbonio, sostanza velenosa particolarmente pericolosa per la salute umana, gli NOx, ovvero gli ossidi di azoto, l’anidride solforosa (SO2) e gli idrocarburi incombusti (HC)”. Secondo Sima, in Italia il settore dei trasporti privati è direttamente responsabile del 25% delle emissioni di CO2 in atmosfera, oltre a pesare per il 46-50% delle emissioni di Ossidi di Azoto. Solo nel 2019, prima della pandemia, le autovetture private hanno generato un totale di 105 miliardi di tonnellate di CO2. “Il traffico veicolare nel suo complesso”, conclude il presidente Miani, “e le sue ripercussioni su ambiente, inquinamento e salute umana, ha un impatto in termini di costi per anni di vita persi ogni anno nel nostro Paese compreso tra i 24 ed i 34 miliardi di euro”.