A proposito del silenzio delle parole, fra le onde del tanto discutere o del far politica o del governare a volte ne ascoltiamo di intelligenti, altre di chiassose se non inutili. Notoriamente esistono parole nobili, utili ad una causa, altre volgari, capaci di indebolire o di annullare quel che di buono c’è in un’idea.
Sul dibattito di questi giorni intorno al tema “intercettazioni” in ambito giudiziario, il Direttore Giuseppe Mazzei ha scritto una pagina illuminante pubblicata su La Discussione del 25 gennaio. La condivido pienamente e la faccio mia.
Il dibattito pubblico si è altresì spostato al tema “ergastolo ostativo”, ai “rapporti fra i poteri dello Stato”, attacchi governativi ai presunti “abusi della magistratura e al suo governo”.
Prendo parte sui social da giorni a questa discussione e vengo ripetutamente accusato di “giustizialismo” e di “illiberale moralismo di sinistra”.
Non credo di meritare questi epiteti, ho sempre cercato un giusto equilibrio fra i miei valori sociali e quelli liberali, anche in materia di giustizia. Sicuramente sono temi a cui sono molto sensibile, anche per vicende territoriali e familiari.
Ho vissuto la lotta al terrorismo, appartengo alla generazione che dovette contrastare la violenza terroristica guardandola negli occhi, al contrasto della criminalità organizzata e delle mafie, sono a tal proposito fieramente e talvolta tristemente siciliano, ad ogni forma di corruzione e concussione, quali strumenti principi del collegamento politica-criminalità, sono altresì fieramente e talvolta tristemente italiano.
Taluni spiriti liberi, liberali senza se e senza ma, cavalieri senza macchia e senza paura delle libertà, si schierano dunque, non sempre equilibratamente, a difesa di queste ultime, rappresentando il nostro bellissimo ma complicato Paese come vessato dallo strapotere della magistratura e, in seconda battuta, da quarto e quinto potere, stampa e televisioni, dal rischio di demolizione mediatica dei liberi cittadini.
Mazzei nel suo articolo dà le giuste ed equilibrate risposte.
Vorrei qui precisare soltanto che se la questione garantista non è certamente da sottovalutare, la questione criminalità organizzata è cancro che divora tutte le libertà, fino alla dignità e alla vita dei cittadini. Vorrei altresì precisare che una comunità stuprata dalla criminalità organizzata non ha futuro, il problema della libertà oltre ad investire i valori fondamentali della vita e della pace sequestra il futuro, impedisce crescita civile ed economica. Vorrei ricordare ai puristi delle libertà che la parte di popolo più vessata dal crimine o, peggio, dal patto politico-criminale è la gente comune, quella che vive in una casa e in un quartiere, del proprio lavoro, fra i propri affetti e le proprie cose, gente che dai luoghi della propria vita non può scappare, gente che vive un ergastolo ostativo di massa, quando ottiene il beneficio di aver salva la vita. I benestanti, almeno i più fortunati, vivono altre dinamiche, possono cambiare ambiente, città, paese, soffrono della medesima illibertà ma godono di qualche margine di possibile difesa.
Concludo: mi sono trovato a riflettere su due parole molto rumorose: giustizialismo e cretinismo. La vita a volte è fatta di scelte quasi necessitate che si impongono e devo dunque schierarmi: ad un eccesso di cretinismo liberale preferisco un eccesso di giustizialismo sociale.
Questa d’altronde è stata la mia scelta di campo fin da quando ho iniziato a vivere le radici profonde della mia esistenza.