venerdì, 15 Novembre, 2024
Economia

Le aspettative volatili e gli scogli dell’inflazione

Su Il Sole 24 ore del 14 gennaio è apparso un breve ed originale articolo di Giovanni Tria. Nell’analizzare la dinamica dei prezzi di questi ultimi anni, l’illustre economista già Ministri dell’Economia introduce una variable, già nota alla politica economica, vale dire la variabile aspettativa.

Tale variabile, sebbene sia importantissima, si connota anche in ragione del suo carattere sfuggente e della sua scarsa misurabilità.

È diffuso il convincimento che l’inflazione dovrebbe subire un raffreddamento, ma, in tale contesto, si rischia che le decisioni relative al Governo dell’economia vengano assunte sulla base di aspettative, volatili e indotte da operazioni finanziarie. Così non sempre si considera, quanto sottolineato da autorevoli economisti, vale a dire che l’inflazione è l’esito del conflitto distributivo tra imprese, lavoratori e chi paga le imposte.

In tale contesto, l’inflazione sarebbe precipuamente un conflitto distributivo, determinato dall’inflazione importata. Da questa considerazione occorre partire, per poter elaborare previsioni ed interpretazioni corrette in ordine alla misura del processo inflazionistico e, in conseguenza, per riuscire ad elaborare una corretta politica di governo del processo economico.

In una prospettiva ben collaudata, l’attuale processo inflazionistico diffuso non solo l’Italia,  non viene imputato solo alla lievitazione dei prezzi dei prodotti energetici.

L’analisi è, senza alcun dubbio, condivisile, se è vero che vi è stata una generale tendenza delle imprese e delle famiglie di accaparrarsi maggiore potere d’acquisto.

Detto questo, però, è innegabile che la rilevata tendenza di famiglie ed  imprese di veder garantito il proprio livello di reddito, è, in parte imputabile alle pessime aspettative, che si sono venute a delineare, in seguito al conflitto tra Russia ed Ucraina ed al conseguente aumento dei prodotti energetici.

In questo contesto, dovrebbe essere chiaro che una politica monetaria restrittiva non può essere perseguita all’infinito, visto che ad essa conseguirebbe una deflazione dell’economia, che, per ovvi motivi, collasserebbe in parte il sistema produttivo.

D’altra parte, è ben noto che gli stati nazionali possono fare ben poco, visto che la politica monetaria ad essi è stata sottratta con l’avvento della BCE. Agli stati nazionali resta,tuttavia, la competenza in materia di bilancio, che, come è noto, è anche un importante meccanismo di governo dell’economia. Solo che anche in questo caso è impossibile il ricorso alle ben note politiche espansive di deficit speending,  visto sugli stati nazionali gravano ben precisi vincoli comunitari.

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