Saranno le festività, la buona tavola, le città troppo trafficate, gli impegni quotidiani, l’età che avanza, sta di fatto che gli italiani e, inaspettatamente, soprattutto i giovani, amano e desiderano fare le fusa con la poltrona. Come nazione siamo i meno sportivi, nel senso di praticare uno sport, confinandoci tra le ultime fila dell’Unione. Eppure siamo pur sempre la patria di Giovenale che duemila anni fa si augurava che gli Dei gli concedessero “mens sana in corpore sano”. Siamo la Patria che per decenni tra i documenti personali c’era quello di “sana e robusta costituzione”. Infatti, per dirla tutta, solo di recente non è più necessaria per i docenti la certificazione di sana e robusta costituzione, per accedere all’insegnamento. Da un eccesso di zelo di fisicità “maschia” si è passati al suo opposto, di giovani disinteressati allo sport e molto coinvolti nei video giochi.
Quasi la metà degli italiani, inoltre, è di una pigrizia tale da non praticare nessun sport, ma nemmeno compie e desidera impegnarsi nella minima attività fisica come camminare, andare in bicicletta, farsi una nuotata ogni tanto. Passeggiare con un passo un po’ sostenuto. Solo una modesta parte di cittadini, racconta di fare ogni tanto un po’ di attività fisica. Scivoliamo così nel girone dei poltroni nella classifica che ci vede primeggiare su Bulgaria, Malta e Portogallo. Vista la situazione la Commissione europea ha sollecitato l’Italia a darsi una scrollata dalla pigrizia, di essere più attiva sul piano sportivo, di buttarsi un po’ nella attività fisica. La lotta contro la sedentarietà, inoltre, è questione presa molto sul serio per motivi di salute: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità fare attività fisica potrebbe aiutare a evitare un milione di morti all’anno in Europa. Negli ultimi due anni, sotto la spinta anche dei consigli di medici e cardiologi, qualcosa sta cambiando, sono dati ancora da definire ma qualcosa di promettente ne viene fuori, ed è uno sforzo non indifferente per una Italia dove si certificava negli anni 60 che poco più di un milione di persone faceva sport e solo l’1% era di sesso femminile. Che poi per ironia della sorte il “primo” sport praticato dagli italiani era la caccia. Tornando all’oggi le cose vanno quindi un po’ meglio. C’è stato quasi un sobbalzo nell’ultimo anno. Il dato, anticipato orgogliosamente dal presidente del Coni Giovanni Malagò, è certificato dal sito dell’Istat. Sommando i praticanti “continuativi” (25,7%) e quelli “saltuari” (9,6) si raggiunge quota 35,3 per cento. Tuttavia come accade spesso in Italia ci sono divisioni così stridenti tra aree geografiche da far pensare che siamo in nazioni diverse.
La regione, ad esempio, con il più alto tasso di inattivi è la Sicilia, dove – secondo i dati Istat – il 58,4% della popolazione dichiarava di non fare nulla di ciò che abbia a che fare con l’attività fisica sportiva. Situazione diametralmente opposta in Trentino Alto Adige, dove la percentuale di poltroni è appena del 15,5%. Inoltre ad influenzare le abitudini sportive è la famiglia. Se i ragazzini hanno genitori che fanno attività fisica anche loro acquisteranno una tuta e praticheranno uno sport. Infatti quasi il 70% di chi fa attività fisica lo fa perché da piccoli ha avuto genitori dinamici. Ed è anche questa una curiosità italiana, la maggior parte dei ragazzi che fanno sport lo fanno perché è la madre che li ha influenzati.
I numeri meno entusiasmanti riguardano gli adolescenti e ragazzi, soprattutto quelli dai 15 ai 19 anni, in pratica nel passaggio dalla scuola media alle superiori si segnala un allarme. A fare concorrenza alle attività fisiche sono il pc e lo smartphone che vanno alla grande. Invece i bimbi dai 3 ai 5 anni sono più pronti a iniziare uno sport. Tra le incongruenze italiche, anche il fatto che abbiamo una percezione di essere molto sportivi, in realtà al massimo seguiamo i principali eventi agonistici in televisione, mentre crolla ai minimi termini il numero delle persone che dichiara di avere seguito un evento sportivo dal vivo. Anche in questo caso siamo quartultimi in Europa. Insomma c’è poco da stare allegri. Nel nuovo sistema disegnato dalla riforma governativa che ha inaugurato la nascita di “Sport e Salute”, si fa affidamento al modello Australia, Paese che registra un progressivo invecchiamento della popolazione, e dove aumentano soprattutto i settantenni. Ora anche nel nostro programma “Sport 2030”, c’è l’ambizioso progetto di far diminuire l’inattività fisica della popolazione del 15 per cento. Ci riusciremo