Ho sempre creduto fermamente che l’incontro non fosse un caso ma un dono. E non un dono frutto della provvidenza, bensì un richiamo tra simili; come una sorta d’irresistibile forza calamitante che genera attrazione e calore in un circuito senza termine. Un po’ come trovarsi nel freddo di gennaio e cercare ristoro nel caldo di una taverna e nel vociare dei commensali, nei volti ammorbiditi dalla temperatura e dall’atmosfera più clementi. O come tornare a casa dopo un viaggio e toccare di nuovo tutti gli oggetti riposti che non sono cambiati di un millimetro; ecco, anche i volti di chi incontriamo per la prima volta ma che ci somiglia e ci conforta, ci pare di conoscerli da sempre e le volte successive ci sembra che non siano cambiati neppure di un millimetro.
IL SILENZIO DEI SIMILI
E quante volte nell’incontro risolviamo noi stessi. Quante volte ho esaurito le mie ansie e paure, in un volto amico e simile al mio. Esattamente le volte in cui ho riempito i miei dialoghi di silenzi, quelli che non hanno bisogno di troppe parole pesanti. Sì, perché ci si parla a lungo, e magari di sciocchezze, si gioca, si scherza con leggerezza ma le cose serie – quelle pesanti – le dicono gli occhi. Ed è tutt’altro che una banalità, perché doverle dire spesso invece, quelle cose pesanti, significa derubarle del valore incalcolabile di cui sono piene. Bisogna esprimerle poco e a pochi: bisogna donarle, appunto. E’ possibile dichiararsi la più totale comprensione, l’accoglimento reciproco più forte ed intenso, mentre si ride di gusto dei pettegolezzi più effimeri. E’ possibile giurarsi fedeltà mentre si mangia un tramezzino e un hamburger. E’ possibile volersi il bene più puro, mentre si ricorda il nome di un’attrice di un vecchio film.
LO SCAMBIO TRA GLI SPECCHI
Al principio del nuovo anno, il 2023, voglio presentare la mia gratitudine. Per gli incontri che durano già da tempo e che si rinnovano, sempre più solidi e per quelli appena nati, che profumano di gioia. E voglio brindare agli incontri che purificano l’anima, perché trasformano un bar o una stanza in un confessionale più luminoso, in cui mostrarsi senza timori. Perché a guardarti, dall’altra parte, c’è un doppio: uno specchio che restituisce con franchezza errori, pregi, vittorie e sconfitte; nello scambio che è una coltre morbida, setosa, limpida nel gelo e nella nebbia opaca di quest’inverno.