L’aria invernale è quella che preferisco. Questo non fa di me un’amante del freddo, anzi; semplicemente dei contrasti, della loro commistione armonica, degli ossimori effettivi e non soltanto letterari. Infatti l’estate è la mia stagione, quella che mi appartiene; anche quella in cui sono nata, seppure in settembre, non nel momento più urlante e tronfio dell’estate, bensì il più tiepido e sereno: quasi nostalgico che ricorda e al contempo si rende presagio di un nuovo inizio.
IL CONTRASTO TRA SOLE E FREDDO
Ma, come ho scritto, l’aria che più mi coinvolge è quella invernale – per essere più specifici: quella d’inverno piena di sole, che arrossa la pelle per i brividi del vento sottile, appena accennato, e pure dei raggi solari che colorano le gote. Dicembre è la sua più evidente manifestazione: prima che arrivi quel freddo troppo deciso, per cui guanti e cappello si rendono necessari. Il dicembre italiano si tinge tradizionalmente di rosso: scarlatto, consumisticamente e carminio, cristianamente.
IL ROSSO TIZIANO
Mentre nella mia mente impera il rosso Tiziano, quello chiaro e scuro insieme per intenderci: illuminato medesimamente di brillìo e di ombre – l’ossimoro del colore, ecco, anche qui. Stanotte l’ho sognato: nella Pala Pesaro, nel Paolo III Farnese con i nipoti, nel Martirio di San Lorenzo, nell’Assunta, nell’Amor Sacro e Amor Profano, nell’Allocuzione di Alfonso d’Avalos. Il rosso natalizio può essere attraente, è vero, fino ad un certo periodo della vita, ma un po’ come può esserlo un oggetto che luccica, benché non abbia troppo valore, per una gazza ladra. Quello che inventò Tiziano Vecellio somiglia al sangue da spento e alla luce che ci si riflette quando appartiene ancora a chi vive. È il rosso lava straripante e sfuggente del Vesuvio e allo stesso tempo quello denso, immanente ed immobile delle vesti dei cardinali.
IL ROSSO FIGLIO DEL SOLE
Nel rosso spontaneo del sole, dei brividi di freddo, dell’emozione sulle guance che gli dà Tiziano quando lo rende reale, tangibile, costruisco il mio Natale: famigliare e quindi intimo, sanguigno come il rosso in cui si rappresenta; pieno di luce e ombra al contempo: figlio del sole, che si dona e irradia la sua forza sulla terra diventando rosso sui volti e rabbuiando le pupille, che gli si chiudono innanzi, quelle “pupille di queto dolore irradiate” (Tommaseo).
LA FORZA DELL’OSSIMORO: IL SOLE IN DICEMBRE
Forse perché “Se dovessi scegliere una religione, il sole come fonte universale della vita sarebbe il mio dio” scrisse Napoleone; che, ne sono quasi certa, lo scrisse in dicembre, perché in estate La forza congiuntiva dell’ossimoro non ci sarebbe stata: non avrebbe potuto rendere così evidente la potenza insita nel contrasto tra freddo e caldo ma, da sole estivo, si sarebbe espresso soltanto in un esercizio di forma, una manifestazione di sé quasi scontata, sbiadita dal suo potere sfacciato.