Sarà la “terra promessa del business”, così almeno profetizza Confindustria quando parla dell’area “Mena”, ovvero i paesi del Nord Africa e del Medio Oriente, una fascia di territorio sul Mediterraneo a noi dirimpettaia, che possiede fattori di attrattività e ricchezza tali da renderla appetibile alle nostre imprese a caccia di nuove occasioni di sviluppo. Le possibilità appaiono notevoli e ancorate al progetto cinese della “Nuova Via della Seta Marittima”, filiera che sta accrescendo il ruolo economico dei Paesi appartenenti al Mediterraneo, quel del Nord Africa ricchi di risorse energetiche e con forza lavoro giovane. Un’occasione prossima da sfruttare, ne è certa Confindustria, sarà anche l’Expo Dubai 2020 in quanto vetrina privilegiata per le nostre piccole e medie imprese. Ma quali sono gli attuali legami economici tra l’Italia e quest’area Africana? L’Italia detiene una quota di mercato pari al 5,3 per cento, posizionandosi al quarto posto come fornitore dei “Mena” subito dopo la Cina, gli Stati Uniti e la Germania. I prodotti italiani vincenti, oltre a quelli del made in Italy sono anche i prodotti in metallo, in ceramica, i macchinari, i gioielli e, infine, le armi. “A interessare le nostre imprese”, osserva Confindustria, “sono gli indici di sviluppo demografico previsti nei diversi paesi costieri”.
Per l’Italia, che è la piattaforma logistica naturale per le nuove rotte commerciali, l’area, oltre agli ovvi vantaggi derivanti dalla vicinanza geografica, rappresenta un mercato di sbocco in crescita. “Si stima che nel 2030 la classe media, quella fetta di consumatori con più elevata propensione al consumo, aumenterà di 100 milioni di persone”. “Cosa implica per l’Italia?”, si chiede Confindustria, “La nuova middle class nel 2030 esprimerà una domanda potenziale di consumo equivalente all’ammontare del PIL italiano attuale.
Il conseguente incremento dell’urbanizzazione comporterà un’ulteriore crescita della domanda di grandi opere infrastrutturali da parte di questi paesi e, quindi, l’opportunità per gli ingegneri e tecnici italiani di trasferire tecnologia e know how incorporato nei servizi di progettazione. Inoltre gli investimenti in grandi opere infrastrutturali indotti dall’organizzazione dei mondiali di calcio in Qatar nel 2022 rappresentano un’opportunità ghiotta per il made in Italy”.
I numeri danno ragione a chi guarda al “Mena” come al futuro: un solo dato può chiarire questa attenzione, attualmente circa un miliardo di persone gravita intorno al Mediterraneo e di questi quasi la metà, per l’esattezza 460 milioni, popola appunto l’area dei “Mena”. “Quanto alla dimensione economica”, sottolinea Confindustria, “il Prodotto interno lordo, reale nel complesso dall’area si aggira intorno ai 3.500 miliardi di dollari, un ordine di grandezza simile a quello della Germania”. Nello studio illustrato da Confindustria, c’è una analisi che osserva da vicino i diversi paesi scomponendoli in tre gruppi per ricchezza, forza lavoro e risorse naturali. Ci sono Paesi ricchi di risorse, abbondanti di lavoro come: Algeria, Iraq, Siria e Yeme; poi ci sono quelli ricchi di risorse, ma poveri di lavoro: Bahrain, Kuwait, Oman, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti; infine i poveri di risorse, ma abbondanti di lavoro: Egitto, Gibuti, Giordania, Libano, Mauritania, Marocco, Tunisia, Turchia e i Territori Palestinesi. Naturalmente già la parte da leone in questa fascia di Mediterraneo è svolta dalla Cina che dal 2005 al 2018 ha investito quasi 200 miliardi di dollari e di questi il 45 per cento rientra proprio nel piano di sviluppo globale previsto con la Belt and Road Initiative (BRI).
“Infatti, la maggior parte dei capitali cinesi, i due terzi, sono destinati proprio al potenziamento delle infrastrutture attualmente molto carenti nell’area”, spiega Confindustria, “il rafforzamento della presenza della Cina nell’area non testimonia altro che la strategicità di questi territori per un insieme di fattori compresenti: la loro collocazione geografica, in particolare, sono il passaggio obbligato per una ferrovia che metta in comunicazione la Cina con l’Europa, nonché la via marittima principale per la connessione, per la ricchezza di risorse primarie come petrolio e gas e infine perché necessitano di ricostruzioni nella maggior parte e costruzioni ex novo in molte, delle utilities fondamentali”.
L’Italia però non è rimasta a guardare i rapporti tra nostre imprese e quelle dei Paesi del Mediterraneo hanno già “forti legami”, rispetto a quelli realizzati dagli altri paesi europei che mediamente destinano a quest’area soltanto l’1,5 per cento dei loro capitali investiti all’estero a fronte del 10 per cento impegnato dall’Italia. “Questo testimonia”, racconta ancora Confindustria con una punta di orgoglio, “che le scelte degli investitori italiani sono lungimiranti e stanno andando nella giusta direzione”.
Le imprese presenti sul territorio dei “Mena” che hanno ricevuto capitali italiani sono più di 2mila, che hanno partecipazioni nelle imprese estere di tutto il mondo e occupano quasi 80mila dipendenti,producendo un fatturato di quasi 26 miliardi di euro.
Al primo posto per interesse delle imprese italiane si trova la Turchia, il paese con “la maggiore affinità economica”, subito dopo l’Arabia Saudita. Le imprese italiane hanno mostrato preferenza anche per paesi come Egitto, Marocco e Tunisia, che appartengono al gruppo con scarse risorse, sia di lavoro sia naturali, in quanto risultano essere strategici in prospettiva per presidiare l’Area.
Ultimo fattore, ma non meno importante, è la posizione geografica italiana che è tale da rendere il nostro Paese la piattaforma logistica naturale del Mediterraneo, a “patto però”, sollecita Confindustria, “che venga attrezzata maggiormente attraverso importanti investimenti tesi a sviluppare la nostra rete intermodale. Solo così saremo in grado di cogliere appieno le opportunità di business future provenienti sia dai Mena sia dal progetto cinese della via della Seta marittima”.