I diplomatici di Russia e Stati Uniti si sono incontrati ieri a Istanbul per discutere una serie di questioni tecniche nelle relazioni bilaterali, secondo quanto riferito dalle agenzie di stampa statali russe. Il viceministro degli Esteri Sergei Ryabkov ha affermato che l’incontro è stato tra i capi dipartimento del Ministero degli Esteri russo e il Dipartimento di Stato statunitense, un livello relativamente basso. Le questioni discusse hanno spaziato dai visti, ai livelli del personale in servizio presso le rispettive rappresentanze diplomatiche, nonché il lavoro delle istituzioni e delle agenzie di ciascuna parte all’estero. Sia l’ambasciata russa a Washington che l’ambasciata statunitense a Mosca sono state notevolmente ridotte negli ultimi anni in una serie di espulsioni che hanno visto dozzine di diplomatici russi e statunitensi rimandati nei loro paesi d’origine.
Ryabkov ha tenuto a precisare che si è trattato di un incontro tecnico e non dovrebbe essere visto come un segno che le due parti siano pronte a riprendere a discutere “questioni importanti”. Senza dubbio questa volta il vice capo della diplomazia russa ha detto la verità, ma questa è una eccezione in quanto la prassi corrente è di segno opposto.
Fino a poco tempo fa, la stampa occidentale presentava allo stesso modo sia la posizione ucraina sia quella russa, nonostante il fatto che la posizione russa fosse composta, per circa il 90% da disinformazione. Secondo molti osservatori, la disinformazione russa è stata a lungo promossa in Occidente, ma dopo l’invasione su larga scala, l’occidente si è bruscamente risvegliato ed ha scoperto che questo equilibrio tra le due fonti era del tutto artificiale.
Il mondo ha finalmente smesso di credere nella narrativa russa, anche perché la propaganda del Cremlino, nel frattempo, è cambiata rendendo il quadro sempre più nitido. Nel corso di questi mesi, i vertici russi hanno più volte confermato che quello in corso non è un conflitto contro l’Ucraina, ma contro l’Occidente e la NATO. Putin, inoltre, ha alzato la posta utilizzando – anche se in modo intermittente – la minaccia di utilizzo delle armi nucleari.
Su un aspetto, però, la comunicazione di Mosca non è cambiata. I russi continuano a monitorare le eventuali divergenze di posizione che si manifestano tra gli alleati per giocarci sopra. Questo è accaduto sia prima del vertice del G-20 in Indonesia, sia prima dell’incontro tra il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e il presidente francese Emmanuel Macron. Fortunatamente, questi tentativi risultano ora meno efficaci. La spiegazione va cercata nel fatto che, nel corso di questi mesi di conflitto, l’impegno ucraino ha permesso di svelare immediatamente le atrocità commesse dai russi in Ucraina e, con esse, il progetto criminale che c’è dietro questa guerra di aggressione.
Ciò nonostante, la Russia tenta ugualmente di proseguire con le proprie campagne di disinformazione e di influenza. Quando la scorsa settimana il Ministro degli esteri russo Sergey Lavrov ha parlato della volontà russa di negoziare, ha incassato la reazione positiva di alcuni politici in Europa. I russi sanno bene che l’idea dei negoziati trova dei sostenitori nella società occidentale e tra i politici, e quindi toccano questo tasto, sperando di poter creare una breccia nel fronte degli Stati che sostengono l’Ucraina. I russi non negozieranno, almeno non per ora, ma con questo genere di comunicati vogliono insinuarsi laddove l’alleanza risulta essere più vulnerabile. Quando Lavrov dice che a marzo c’era già uno schema per un accordo di pace, mente sapendo di mentire. Quelle svolte in primavera erano purtroppo interlocuzioni ad uno stadio pressoché iniziale, che sono andate in frantumi quando sono state rivelate le atrocità commesse dai russi a Bucha.
Oltre al tentativo di Lavrov di manipolare le informazioni, ve ne sono stati altri non meno insidiosi. Quando il Presidente Biden recentemente ha detto di essere disposto ad incontrare Putin se avesse riscontrato davvero la volontà di porre fine alla guerra, i russi hanno preso le sue parole, le hanno decontestualizzate al fine di distorcerne il significato. Il fine russo di tale mistificazione è di presentare la posizione americana come se fosse incoerente. Anche quando il direttore della CIA Burns ha incontrato in Turchia il direttore del Servizio di intelligence internazionale russo, Sergej Naryskin, i russi hanno presentato questo incontro come la fine del sostegno americano all’Ucraina. Il fatto che quell’incontro riguardasse altro, non ha impedito ai russi di scrivere la propria distorta narrazione, perché il fine ultimo è sempre quello di creare l’impressione che gli alleati siano divisi, che ci sia una spaccatura anche all’interno degli Stati Uniti, nella speranza che ciò possa effettivamente accadere un giorno.
La disinformazione è stata ampiamente utilizzata dalla Russia sovietica durante la Guerra Fredda. Dopo la fine dell’Unione Sovietica, i governi occidentali credevano che la minaccia della disinformazione sarebbe svanita con il KGB. Tuttavia, le misure attive e le operazioni di disinformazione sono andate avanti ininterrottamente per tutto il periodo successivo alla Guerra Fredda, e sono continuate nell’illiberale Russia di Putin come parte integrante della sua politica estera. Ecco perché risulta indispensabile costruire una resilienza alla disinformazione russa, imparando a riconoscerla anche nelle sue nuove forme.