lunedì, 16 Dicembre, 2024
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Il Governo incentivi le Pmi a ricorrere alla finanza alternativa

Il tema del finanziamento delle Piccole e medie imprese, struttura portante del sistema industriale italiano, è cruciale per lo sviluppo dell’economia nazionale. Ne parla in questo articolo il Prof. Ubaldo Livolsi, banchiere ed advisor, esperto internazionale dei mercati finanziari.

Le nostre Pmi – che rappresentano numericamente solo il 5% del tessuto imprenditoriale, ma sono responsabili del 41% del fatturato generato in Italia, del 33% degli occupati del privato e del 38% del valore aggiunto del Paese – hanno un annoso problema di sottocapitalizzazione. Secondo una ricerca della società che presiedo, una su sei ha gravi problemi di equity. La ragione è soprattutto storico-culturale: l’85% delle nostre Pmi è a conduzione familiare, di qui una certa diffidenza della proprietà che con l’innesto di capitale esterno teme di perdere il controllo della società. Una conseguenza, a parità di dimensioni medie, è che le nostre 200mila Pmi – che ricordiamo sono quelle imprese che hanno tra i 10 e i 249 addetti e un fatturato inferiore ai 50 milioni di euro annui – fanno business con il 17% di capitale proprio, mentre in Usa e Regno Unito la media è del 70% e negli altri Paesi Ue intorno al 40%. Il risultato è un eccessivo ricorso al credito bancario, che condiziona la libertà di utilizzo delle risorse quando necessarie per realizzare gli investimenti e creare crescita e sviluppo. Il rischio per l’azienda è di perdere nell’agone globalizzato se non di essere acquisita da competitori esteri. Cosa che il nostro Paese non si può permettere. Non dimentichiamo che nel 2021 le esportazioni di beni e servizi dall’Italia verso i mercati esteri hanno toccato quota 581 miliardi (dati ICE).

La finanza alternativa alle banche, il ricorso cioè a forme di finanziamento in debito (minibond, crowdfunding, invoice trading, direct lending) o nel capitale (private equity e venture capital) o la quotazione in borsa su listini specifici per le Pmi come Euronext Growth Milano, è certamente una delle soluzioni migliori. Secondo il Quaderno di Ricerca “La Finanza alternativa per le Pmi in Italia”, curato dal Politecnico di Milano, tale mercato nel 2021 ha mobilitato risorse per oltre 4,5 miliardi di euro rispetto ai 3,2 dell’anno precedente. Positivo anche il primo semestre di quest’anno: 2,6 miliardi. Il settore è in crescita, anche se va detto che sul risultato pesa il contributo pubblico, ossia i capitali investiti direttamente o indirettamente da organizzazioni come il Fondo Europeo per gli Investimenti o le nostre Cassa Depositi e Prestiti e il Fondo Italiano di Investimento SGR. Se da un lato la pandemia di Covid-19 aveva riproposto l’importanza di questo tema, adesso il nuovo cigno nero, la guerra alle porte dell’Europa, può frenare un’ulteriore diffusione della finanza alternativa. L’inflazione acquisita per il 2022 del +8%, il costo dell’energia e delle materie prime che sta creando problemi alle imprese e il BTp decennale che rende più del 4,5% annuale inducono timore a investire nelle nostre Pmi. In tale scenario di incertezza, amplificato per giunta dallo spettro della recessione, sono più esposti gli investimenti in equity, mentre quelli a debito, come i mini-bond e il direct lending, dovrebbero tenere meglio. Presieduto da Giorgia Meloni e con il MEF guidato dal ministro Giancarlo Giorgetti, il nuovo Governo, che ha saggiamente improntato le prime scelte di politica economica alla contingenza e al rispetto degli impegni con l’Europa, potrebbe intervenire con nuove agevolazioni e regole sugli strumenti di finanza alternativa, non solo a vantaggio delle Pmi e del Paese, ma anche quale occasione per  introdurre elementi innovativi nella propria strategia, che però al contempo non compromettano la linea tracciata improntata alla prudenza.

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