“Nel settore della vigilanza c’è una situazione di lavoro intollerabile e le aziende ignorano sistematicamente i diritti e le richieste dei lavoratori”. A parlare è Giuseppe Alviti, presidente dell’Associazione Nazionale Guardie Particolari Giurate.
Il sindacalista denuncia all’opinione pubblica il fatto che ci sono uomini e donne in divisa costretti a prestare servizio fino a 13 ore di lavoro al giorno; il che “mette a rischio la gestione della vita quotidiana, a partire dagli affetti familiari”.
Nel mirino finiscono alcune aziende che, a detta dell’esperto, ex assaltatore della Marina Militare, sottoporrebbero i lavoratori a turni massacranti attraverso un uso distorto dello straordinario.
“Si arriva anche a 13 ore di lavoro al giorno, senza pausa, quando dovrebbero essere 7 – gli fa eco il suo omologo Giuseppe Cuccurullo, segretario generale del Sinalv (Sindacato Nazionale Lavoratori Vigilanza) – per non parlare delle ore aggiuntive rispetto al turno, del cambio di turni senza preavviso, della mancanza di programmazione delle giornate lavorative, del riposo giornaliero e settimanale insufficienti, della gestione autoritaria di ferie e permessi. In pratica, i lavoratori non sanno cosa faranno il giorno dopo: una flessibilità snervante, che mette a rischio la gestione della vita quotidiana, a partire dagli affetti familiari”.
Di qui l’appello alle istituzioni, affinché prendano a cure la sorte delle guardie giurate; una categoria che spesso Alviti ha ironicamente definito “in via di estinzione”, in quanto soggetto “a una vera e propria macelleria sociale”.
“Assistiamo da tempo, con sconcerto e profonda amarezza – conclude il presidente dell’Associazione Nazionale Guardie Particolari Giurate – a forme di isolamento lavorativo nei confronti delle Guardie Particolari Giurate che sono assolutamente intollerabili. Il settore della vigilanza privata è composto da lavoratori/ci che non chiedono la luna, una un’attenzione adeguata da parte della classe politica di questo paese, affinché la categoria possa, finalmente, avere una giusta e corretta riforma”.