La transizione digitale dei Comuni italiani è a buon punto, soprattutto nel Nord. Le risorse messe a disposizione dal PNRR per la digitalizzazione sono sufficienti e gli obiettivi chiari, ma permangono alcuni gap da colmare, tra cui la scarsità di competenze. È quanto emerge dallo studio realizzato nell’ambito di Futur#Lab, il progetto promosso dall’Istituto per la Competitività (I-Com) e WindTre, in collaborazione con Join Group. Tra gli aspetti più critici evidenziati dallo studio vi è la gestione contabile dei progetti. Infatti, l’adozione di tecnologie innovative per la PA, come il cloud, spesso ricade nella spesa corrente ed è soggetta a vincoli. In quest’ottica, la previsione di uno status speciale per particolari spese in servizi digitali innovativi potrebbe favorire una più ampia adozione da parte degli enti pubblici. Inoltre, è decisivo procedere all’assunzione di nuovo personale con expertise più tecnica e specialistica, provvedere al reskilling e all’upskilling dei dipendenti in servizio e puntare sul partenariato pubblico privato.
La creazione di un ecosistema Smart City passa, infatti, anche attraverso collaborazioni con università e organizzazioni private. Gli strumenti, dal dialogo competitivo agli appalti pre-commerciali, sono già stati recepiti nell’ordinamento italiano da quasi un decennio, ma sono ancora poco usati. Le basi su cui si fonda la realizzazione di una città intelligente sono le reti di telecomunicazioni. Un ruolo fondamentale è giocato dal 5G, ma le telco sono sempre più centrali anche per la raccolta e la fornitura dei dati alle municipalità, insieme alla stessa capacità di intelligence. In questo senso, alcune interessanti innovazioni, già contenute nel bando per la digitalizzazione dei Comuni, potrebbero essere integrate utilizzando, pro quota, i fondi rimanenti dai bandi per la copertura del territorio in Banda Ultra Larga (BUL) allo scopo di favorire l’adozione di soluzioni smart, ad esempio in termini di ottimizzazione della mobilità e del risparmio energetico.