Conto salato e non previsto per le famiglie italiane. È l’inflazione “mangia” risparmi: una stangata da almeno 92 miliardi di euro. I conti, realizzati dall’Ufficio studi della Cgia, partono dall’ipotesi che le famiglie italiane abbiano mantenuto nel proprio istituto di credito gli stessi risparmi che avevano a inizio anno. Una erosione che avrà effetto domino di consumi, contrazione delle spese e investimenti. Con l’ulteriore rischio di una minacciosa stagflazione.
Depositi in banca decurtati
A causa della crescita dell’inflazione stimata per il 2022 all’8 per cento, la dimensione economica reale del deposito bancario ha subito una drastica decurtazione. “A pagare il conto più salato”, annotano gli
analisti dell’Ufficio studi, “sono le famiglie residenti nelle grandi città, dove il caro vita si fa sentire maggiormente. Certo, una piccolissima parte di questa perdita di potere di acquisto sicuramente verrà compensata dall’aumento degli interessi sui depositi”.
Correntisti, interessi positivi
A seguito dell’incremento dei tassi decisi in questi ultimi mesi dalla Bce, infatti, le banche, ricorda la società di analisi finanziarie, nella seconda parte dell’anno, stanno riconoscendo ai propri correntisti degli interessi positivi. “Tuttavia”, evidenzia la Cgia, “il conto da ‘pagare’ è pesantissimo e colpisce maggiormente le famiglie meno abbienti”.
Le casse dello Stato “sorridono”
L’effetto paradossale. A causa dell’aumento dell’inflazione, anche lo Stato centrale e le sue articolazioni periferiche subiranno una impennata sul fronte delle uscite. “Nel frattempo, però, l’incremento
del gettito riscosso è stato molto importante”, calcola la società mestrina, “Nei primi 8 mesi del 2022 rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, le entrate tributarie erariali sono aumentate di 40,69 miliardi di euro”. “Questo score così positivo”, annota l’Ufficio tecnico, “è riconducibile a tre fattori: agli effetti del decreto Rilancio e del decreto Agosto, – che tra il 2020 e il 2021 avevano disposto proroghe, sospensioni, etc. – e, in particolar modo, agli incrementi dei prezzi al consumo che hanno spinto all’insù il gettito dell’Iva”.
Le città dove la crisi è più forte
C’è una graduatoria delle città dove l’inflazione avrà un impatto maggiore. Sono: Roma, Milano, Torino e Napoli i grandi centri con le famiglie più penalizzate.
“A livello territoriale le province più penalizzate”, pone in evidenza la Cgia, “sono quelle più popolate e tendenzialmente anche con i livelli di ricchezza più elevati: a Roma, infatti, l’inflazione “erode” 7,42 miliardi di euro di risparmi familiari, a Milano 7,39, a Torino 3,85, a Napoli 3,33, a Brescia 2,24 e a Bologna 1,97. Tra le meno esposte, infine, scorgiamo la provincia di Enna con 156 milioni di euro, Isernia con 153 e Crotone con 123 milioni”.
Il rischio stagflazione
Oltre l’inflazione c’è un altro rischio altrettanto minaccioso.
“Il pericolo che la nostra economia stia scivolando verso la stagflazione è molto elevato”, osserva la Cgia, “E’ un quadro economico che in tempi relativamente brevi potrebbe verificarsi anche in Italia. Con le difficoltà legate alla pandemia, agli effetti della guerra in Ucraina, all’aumento dei prezzi delle materie prime e dei prodotti energetici rischiamo, nel medio periodo di veder scivolare la crescita economica verso lo zero, con una inflazione che, invece, potrebbe superare tranquillamente le due cifre”.
Tagliare la spesa e le tasse
Contrastare la stagflazione, segnala l’Ufficio studi della Cgia, tuttavia è un’operazione molto complessa. “Per attenuare la spinta inflazionistica, gli esperti sostengono che le banche centrali dovrebbero contenere le misure espansive e aumentare i tassi di interesse, operazione che consentirebbe di diminuire la massa monetaria in circolazione”, spiega l’Ufficio studi, “E’ evidente che avendo un rapporto debito/Pil tra i più elevati al mondo, con l’aumento dei tassi di interesse l’Italia registrerebbe un deciso incremento del costo del debito pubblico. Un problema che potrebbe minare la nostra stabilità finanziaria”. “Bisognerebbe”, osserva ancora la Cgia, “intervenire simultaneamente almeno su altri tre versanti: in primo luogo, attraverso
la drastica riduzione della spesa corrente e, in secondo luogo, con il taglio della pressione fiscale, unici strumenti efficaci in grado di stimolare i consumi e per questa via alimentare anche la domanda aggregata di beni e servizi”.
Patto di stabilità da rivedere
Operazioni, segnala infine la Cgia, queste ultime, “non facili da applicare in misura importante, almeno fino a quando non verrà “rivisto” il Patto di Stabilità a livello europeo. Infine, ma non certo per ultimo”, conclude l’analisi della società Cgia, “dovremo assolutamente sterilizzare i rincari delle bollette di energia elettrica e del gas che sono la causa di questo forte aumento dell’inflazione registrato in quest’ultimo anno”.