Era cominciata con qualche buon proposito, anche se non ha mai convinto. Sta finendo nel peggiore dei modi. Le nostre campagne elettorali sono troppo lunghe, ripetitive. Invece di motivare gli elettori finiscono per sfiancarli. E pongono i presupposti non per governi stabili ma per maggioranze litigiose e senza respiro: il giorno stesso in cui i partiti si mettono insieme per formare un governo pensano già a come fare per mandarlo in frantumi. Ogni partito sente irresistibile il richiamo della foresta della propria identità e brandisce linguaggi e toni esasperati che non lasciano presagire un dopo-voto sereno e costruttivo. La campagna elettorale perde così il suo vero significato: da occasione di civile confronto e crescita democratica si riduce ad un arruffamento collettivo per accaparrarsi voti e seggi. Per cosa? Dopo si vedrà….
Appena sciolte le Camere si erano profilate due coalizioni con due leader, Meloni e Letta. Puntavano a contrapporre il programma comune del centrodestra a quello del centrosinistra. Poi tutto si è andato sfrangiando. Ai due poli si sono aggiunte la cavalcata solitaria e populista di Conte e l’accoppiata Calenda-Renzi nella veste di guastatori-aggregatori sia a sinistra che nell’area di centrodestra. E fin qui nulla di male.
Il guaio è che giorno dopo giorno dei programmi comuni delle due aree politiche principali non si è più parlato. I partiti si sono messi a inseguire gli eventi, entrando nel solito teatrino delle battute e delle controbattute senza che sia mai emersa una reale contrapposizione di visioni sul futuro dell’Italia.
I toni si sono alzati, spesso a sproposito. Ma di ricette concrete e praticabili per rimettere in sesto il Paese se ne sono viste poche. Complici anche i mezzi di informazione, soprattutto televisivi che organizzano dibattiti finalizzati al litigio e allo spettacolo e non all’approfondimento di singoli temi specifici per rendere comprensibile alla gente le proposte dei partiti.
Negli ultimi giorni stiamo assistendo ad un’escalation polemica devastante che rischia di rompere qualsiasi brandello di legame anche all’interno delle singole coalizioni. Ogni partito sente irresistibile il richiamo della foresta e torna ad usare linguaggi e toni esasperati per tenere a bada il proprio elettorato. Si pongono così le basi per un dopo-voto difficile da gestire qualche che sia l’esito delle urne. E così la campagna elettorale perde il suo vero significato e da occasione di civile confronto e crescita democratica si riduce ad un accaparramento di voti e seggi. Per cosa? dopo si vedrà.