Gli annunci dei partiti sono tutti a favore di una previdenza che accolga i desiderata dei cittadini. Le ipotesi lanciate in vista delle prossime elezioni del 25 settembre sono tante: da assegni più pesanti, a meno anni di lavoro per accedere alla quiescenza. Tra i due schieramenti, tuttavia, c’è la consapevolezza che la riforma della previdenza con gli spinosi temi della flessibilità in uscita, e l’aumento degli importi, sarà la prima emergenza che il nuovo Governo dovrà affrontare. Il dossier pensioni, inoltre, dovrà fare i conti con la legge di Bilancio che, visti i tempi per un accordo di maggioranza e un nuovo Governo, la riforma slitterà in autunno inoltrato, quando già tutte le proroghe, compresa Quota 102, Ape sociale e Opzione donna, messe in atto tra il 2021 e il 2022 sono in scadenza. Il primo gennaio prossimo si riapriranno le porte per il ritorno, nella sua forma integrale, della odiata legge Fornero, ossia in pensione a 67 anni, senza benefici e tagli di età. Il tempo per includere innovazioni e cambi sono strettissimi nel contempo i conti dello Stato non permetteranno di concedere troppo.
Pensioni e consensi
La politica e la campagna elettorale però sono già alle prese con il tema pensioni che pur essendo tra i più divisivi, è quello che più genera consensi.
L’ex premier Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia ha una sua ricetta: le pensioni minime tutte a mille euro. Mentre dall’altra parte risponde il ministro del lavoro Andrea Orlando che rilancia Anticipo pensione (Ape Sociale) e Opzione donna. In mezzo il movimento 5S che parla di riscatto della laurea per avere un taglio sull’età di uscita dal lavoro.
Centrodestra, le proposte
Se per Berlusconi l’assegno deve salire a mille euro, a indicare come trovare le risorse ci pensa Fratelli d’Italia, che annuncia di voler cambiare le regole per il Reddito di cittadinanza, in modo da recuperare fondi. Da ricordare, infatti, (che per i primi tre anni dal 2019), il Reddito e la Pensione di Cittadinanza sono stati erogati a 2 milioni di nuclei familiari, per un totale di 4,65 milioni di persone, e per una spesa di quasi 20 miliardi di euro (per l’esattezza 19,83 miliardi). Miliardi che per il partito di Giorgia Meloni possono essere investiti in buona parte per aumentare pensioni, salari e politiche attive del lavoro.
La Lega, invece, oltre a ritornare sulla abolizione della Fornero, punta a ridurre l’età di uscita dal lavoro. Sarà possibile con “Quota 41”. In pensione con 41 anni di contributi, senza limiti di età.
Centrosinistra, le ipotesi
Nel centrosinistra il dibattito è ancora aperto. Ma il solco aperto dall’ex ministro Orlando, appare il più promettente. Il piano prevede la conferma e rafforzamento di Ape sociale e Opzione donna, perché dice il ministro “hanno ottenuto buoni risultati”. L’obiettivo inoltre è quello di ridurre l’uscita da lavoro per le occupazioni particolarmente gravose.
La posizione del M5S
Il movimento di Conte trova nella sponda del presidente INPS, Pasquale Tridico, l’idea di riforma più convincente. Sintetizzando, la proposta prevede di andare in pensione a 63 anni col contributivo, a cui si aggiunte la parte retributiva a 67 anni. Con in aggiunta il riscatto gratuito per la laurea. Un percorso che costerebbe circa 2 miliardi e mezzo in più per i primi anni ma risparmi a medio termine.
Le risorse da trovare
La prossima legge di Bilancio tuttavia sarà il perno attorno a cui girerà il resto delle riforme. Solo dopo che il nuovo Governo avrà approvato i conti e valutato lo Stato dell’economia e delle risorse si potranno dare sostanza alle riforme. Non ci sarà solo la previdenza ma, ad esempio, le politiche del lavoro. Per fine anno c’era l’obiettivo del Governo dimissionario di formare e inserire nel mondo occupazionale circa 300 mila persone – il Piano iniziale ne prevedeva 600 mila -, che possono beneficiare del programma Gol (Garanzia di occupabilità dei lavoratori). Inoltre in ballo c’è anche la riforma della Cassa integrazione guadagni, strumento in scadenza che era da rimodellare per evitare il costoso sovrapporsi di deroghe.