Comunione, almeno nei toni, tra i leader politici e Liberazione dai proclami dei 5Stelle. Il Meeting è riuscito, come per incanto, ad abbassare il volume delle polemiche tra i capipartito lasciando fuori dalla porta i pentastellati che non hanno mai aderito all’Intergruppo per la Sussidiarietà, istituito nel 2003 e di cui fanno parte centinaia di parlamentari di quasi tutte le forze politiche.
Un dibattito civile, con posizioni che sono apparse meno estremizzate. Tutti d’accordo sul tetto al prezzo del gas. Distanza incolmabile tra Letta e Meloni sul presidenzialismo. Unica nota stonata quella di Salvini, con i suoi dubbi incrollabili sulle sanzioni a Putin. Se ci fosse stato anche Conte sarebbero stati in due. In fondo i loro destini si incrociano sempre. Condannati all’isolamento.
Un confronto elettorale sui contenuti è possibile. E si può farlo senza ricorrere a grida e offese, spiegando in modo chiaro le proprie proposte senza demonizzare l’avversario. Speriamo che le Tv, la Rai innanzitutto prendano lezione dal dibattito di Rimini e sappiano organizzare e gestire trasmissioni in cui i partiti a parità di condizione esprimano le proprie posizioni con pacatezza e passione ma senza fare numeri da avanspettacolo. Sarebbe un ottimo rimedio alla disaffezione dalla politica e un modo per cercare di convincere il 40 di astensionisti e indecisi ad andare a votare.
Dal dibattito è emerso un problema per Giorgia Meloni. Se anche dovesse vincere e andare a Palazzo Chigi avrebbe nel fianco sempre la spina di Salvini sui temi della politica internazionale. Il leader leghista non arretra di un millimetro nella sua linea da sempre fredda sulle sanzioni contro la Russia. Così mentre Draghi ribadiva a Zelensky il sostegno incondizionato contro l’aggressione russa, Salvini si esibiva in una serie di piroette retoriche sull’utilità delle sanzioni. Esibendo dati parziali e discutibili Salvini sostiene che le sanzioni stanno penalizzando l’Occidente, aiutando Putin e quindi finiscono per alimentare la guerra. Salvini usa l’espediente di descrivere il suo ragionamento come se fosse solo una serie di dubbi che turbano i suoi sonni. I realtà le sue sono certezze che ha sempre avuto dal primo momento. La linea dura contro Putin adottata dall’Occidente non gli è mai piaciuta, così come non gli sono state mai simpatiche le forniture di armi a Kiev senza le quali l’Ucraina sarebbe sotto il controllo delle truppe di Mosca. Rispetto alle posizioni nettamente filo-occidentali di Meloni quelle di Salvini sono un distinguo che potrebbe pesare fortemente nell’eventuale prossimo governo di destra.
E che potrebbero trovare sponde proprio in Giuseppe Conte che nella prossima legislatura, come che vada, siederà all’opposizione, contento di guidare un formato in miniatura del Movimento ma populista e demagogico che quello di 4 anni fa. In fondo i destini di Salvini e Conte si incrociano sempre. Il loro domani sarà quello di due leader isolati.