Il Paese non può più voltare le spalle a una “questione medica” da affrontare che riguarda le condizioni professionali dei medici del servizio sanitario pubblico, che nonostante si vada impoverendo sempre di più è assente dai programmi e dai dibattiti elettorali. “I medici sono in pieno burnout. Tra pensionamenti e fuga dagli ospedali verso la sanità privata o l’estero, nel 2024 mancheranno 40 mila specialisti in tutto il Paese. A rischio non c’è solo la qualità dell’assistenza territoriale e ospedaliera, ma la sopravvivenza stessa di decine di pronto soccorso per mancanza di professionisti.
A quel punto, i più fortunati si faranno curare nelle strutture private, chi non avrà la possibilità economica ingrasserà le liste di attesa. In Sicilia, dove il fabbisogno rispetto alle specialità è stato sempre sottostimato e i contratti annuali distribuiti a pioggia, l’ammanco secondo alcune proiezioni sarà di circa 2300 unità, soprattutto di medici dell’emergenza e pediatri”. È questo il richiamo ai leader politici del presidente dell’Ordine dei medici di Palermo Toti Amato, consigliere della Fnomceo, perché inseriscano nella loro agenda il tema dell’inadeguatezza degli organici del Servizio sanitario nazionale di medici dipendenti e convenzionati. “Una pesante carenza che si aggiunge alla programmazione del Pnrr.
Nel 2026 dovranno essere attivi ospedali e Case di Comunità, che non potranno certo operare senza medici e personale sanitario. Serve una pianificazione a lungo termine, ma anche una soluzione ponte nell’immediato – sottolinea Amato – che potrebbe essere risolta impiegando gli specializzandi, soprattutto là dove la carenza di personale ha portato anche alla chiusura di interi reparti”.
Situazione analoga per i medici di famiglia. “Si prevedono oltre 35 mila pensionamenti entro il 2027 – prosegue il presidente -. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha aggiunto 900 borse di studio in più per la formazione in medicina generale, ma che non potranno bastare per sostituire i medici che andranno via via in quiescenza”.
“Serve mettere a sistema il fabbisogno rispetto al numero dei posti delle Scuole di specializzazione e del Corso di formazione specifica di medicina generale – conclude Amato -. Ma nell’attesa, è necessario formare le nuove leve per facilitare l’approccio alla professione con un impegno politico e legislativo che riconosca le attività didattiche professionalizzanti in grado di fornire ai giovani specializzandi le competenze necessarie per esercitare la professione”.