sabato, 16 Novembre, 2024
Lavoro

OIL: occupazione giovanile vittima della pandemia

La ripresa dell’occupazione giovanile è ancora in stallo, evidenzia un nuovo rapporto dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) pubblicato qualche giorno fa, che conferma gli effetti negativi della pandemia sul lavoro che hanno colpito i giovani in maniera sproporzionata rispetto alle altre fasce d’età.

Nell’importante documento viene evidenziato, tra l’altro, che gli investimenti nei settori dell’assistenza e della cura (per esempio, nella sanità e nell’istruzione) possono beneficiare i giovani sotto quattro aspetti: migliorano le loro prospettive occupazionali; facilitano la permanenza nella forza lavoro di giovani donne e uomini con responsabilità familiari; promuovono il benessere ampliando le opportunità di istruzione/formazione e migliorando la salute dei giovani; e contribuiscono a ridurre i tassi di inattività e disoccupazione dei giovani, soprattutto delle giovani donne. Il Rapporto stima che gli investimenti nei settori dell’assistenza e della cura potrebbero generare 17,9 milioni di occupazione aggiuntiva per i giovani entro il 2030 – 14,4 milioni di lavori di assistenza e di cura e 3,4 milioni in altri settori.

Il rapporto OIL “Tendenze mondiali dell’occupazione giovanile 2022” (Global Employment Trends for Youth 2022) evidenzia che la pandemia ha moltiplicato le difficoltà che i giovani (di età compresa tra i 15 e i 24 anni) affrontano nel  mercato del lavoro. Dall’inizio del 2020, i giovani hanno subito una perdita occupazionale (in termini percentuali) di gran lunga più elevata rispetto agli adulti. Sulla base delle stime riportate del Rapporto, il numero totale di giovani disoccupati a livello globale raggiungerà i 73 milioni nel 2022, registrando un lieve miglioramento rispetto al 2021 (75 milioni) ma rimanendo di circa sei milioni al di sopra del livello pre-pandemia del 2019.
Ecco perché occorre valorizzare la funzione dell’Osservatorio Nazionale sul Lavoro Minorile, promosso dall’UNICEF Italia che ha indicato le dimensioni dello scenario presente nel nostro Paese dove sono stati raggiunti  livelli preoccupanti se si considera che nel 2021, secondo i dati  INPS, il fenomeno del lavoro minorile regolare ha riguardato quasi 52.000 addetti, di cui oltre 45.000 come lavoratori dipendenti. Le stime ISTAT sulla base di questi numeri, tenendo presenti parametri prestabiliti,  ci dicono che sarebbero circa 15.000 i minori impiegati in lavoro irregolare e sommerso.

Nel 2020, l’ultimo anno per cui vi è disponibilità di dati a livello globale, la percentuale di giovani che non studiavano, non frequentavano corsi di formazione e non lavoravano (NEET) era salita al 23,3 per cento, con un aumento di 1,5 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Un livello che non si registrava da almeno 15 anni. Questo gruppo di giovani è particolarmente esposto al rischio di peggioramento delle proprie opportunità e prospettive di lavoro a causa di effetti “permanenti”.

Le giovani donne hanno pagato il prezzo più alto, registrando un tasso di partecipazione alle forze lavoro ancora più basso di quello delle loro controparti maschili. Su scala mondiale, si stima che nel 2022 solo il 27,4 per cento delle giovani donne sarà occupata, rispetto al 40,3 per cento delle loro controparti maschili. Questo indica che i ragazzi hanno il 50 per cento in più (o 1,5 volte) di probabilità di essere occupati rispetto alle ragazze. Il divario occupazionale di genere – che non ha registrato segni evidenti di riduzione negli ultimi due decenni – è maggiore nei paesi a reddito medio-basso dove si attesta a 17,3 punti percentuali. Esso è più contenuto nei paesi a reddito elevato (2,3 punti percentuali).

Secondo il nuovo Rapporto OIL, l’adozione di misure di politica nell’ambito dell’economia verde, digitale e di cura aumenterebbe il prodotto interno lordo globale del 4,2 per cento e creerebbe 139 milioni di posti di lavoro aggiuntivi per i lavoratori di tutte le età, di cui 32 milioni sarebbero destinati ai giovani.
“La crisi del Covid-19 ha messo in luce che, a livello mondiale, le esigenze dei giovani non vengono affrontate in modo adeguato, in particolare di quelli più vulnerabili come coloro che cercano per la prima volta un lavoro, coloro che hanno abbandonato la scuola, i neolaureati con poca esperienza e coloro che rimangono inattivi non per loro scelta”, ha dichiarato Martha Newton, Vice-direttrice Generale dell’OIL per le politiche. “Ciò di cui i giovani hanno maggiormente bisogno è un mercato del lavoro ben funzionante, che offra opportunità di lavoro dignitose per coloro che sono già nel mercato del lavoro e opportunità di istruzione e formazione di qualità per coloro che devono ancora farvi ingresso”.
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