Chiunque nel territorio dello Stato e senza approvazione del Governo arruola o arma cittadini, perché militino al servizio o a favore dello straniero, è punito con la reclusione da quattro a quindici anni.
La pena è aumentata se fra gli arruolati sono militari in servizio, o persone tuttora soggette agli obblighi del servizio militare.
L’art 288 del nostro codice penale questo prevede per i cosiddetti “mercenari”, così come si sta ipotizzando in queste ore per l’ennesimo nostro connazionale beccato a combattere in Ucraina.
Ovunque si vada, causa giusta o ingiusta che si ritenga, se non sei arruolato in eserciti regolari e non ti manda il tuo governo, non puoi lottare a favore e contro nessuno a mezzo di armi e in stato di guerra. Ciò vale altresi, mutatis mutandis, per I terroristi.
Non è solo il nostro codice a fissare queste regole, ma ben più alte fonti convenzionali internazionali.
Il perché è abbastanza semplice da spiegare.
La difesa è compito dello Stato, per noi disciplinata in primis dalla Costituzione. Infatti, se dobbiamo o no andare in guerra – attraverso le nostre forze militari – lo decide il Governo, su mandato del Parlamento attraverso idonea deliberazione. Questa disposizione ci tutela tutti, è il sale delle democrazie evolute. Divisione di ruoli e poteri.
Non ci si può fare giustizia da soli, senza se e senza ma.
Qualcuno rifletta se in questi ultimi 200 giorni si è stati attenti a spiegare bene questi concetti, soprattutto ai nostri giovani.
Credo non a sufficienza e, anzi, il contrario.
Ora i magistrati genovesi dovranno spiegarlo a Kevin.
Mi permetto di anticipare a chiunque altro indulga – anche come Stato sovrano – alla formazione di contractors (termine più carino per indicare i mercenari), che sta commettendo reato. Dura lex, sed lex.
*Direttore Centro Ricerca su Sicurezza e terrorismo