La legge elettorale obbliga i partiti a mettersi insieme, se vogliono vincere le sfide nei collegi uninominali che rappresentano il 37% dei seggi. Ci sono due modi per farlo. Costruire coalizioni omogenee oppure limitarsi a creare cartelli elettorali. La differenza tra le due soluzioni è sostanziale.
Le coalizioni nascono su un programma comune che i partiti alleati si impegnano a rispettare anche nell’ipotesi di una vittoria e della formazione di un governo. È quello che sta facendo il centrodestra trainato da Giorgia Meloni. Un compito complesso ma non impossibile. Le divergenze in economia sono poche, sulle scelte internazionali Meloni ha imposto con facilità la linea atlantista e sull’Europa Forza Italia non ha posto pregiudiziali. Inoltre, il centrodestra è dato favorito nei sondaggi, dunque deve prepararsi a governare. Ben diversa prospettiva per il centrosinistra.
A parte l’abbondanza di leader, le distanze sui programmi sono ampie e anche in politica estera ci sono differenze non da poco ad esempio tra Sinistra italiana e Pd. Mettere in piedi una coalizione che includa Letta, Calenda, Renzi, Speranza, Tabacci, Di Maio, Carfagna/Gelmini, Fratoia
Ma dovrebbero dire chiaramente che di questo si tratta e non di altro. Qualcuno la chiamerebbe ammucchiata. E vabbene. Ma sarebbe un’operazione trasparente e rispettosa verso gli elettori. Un elemento di chiarezza. Cercare di creare una coalizione che in realtà è solo un cartello elettorale un doppio