L’inflazione è lo scoglio più difficile che governi e banche centrali devono superare nei prossimi mesi frenando l’aumento dei prezzi senza provocare una vera e propria recessione. Su questi temi abbiamo intervistato il Prof. Ubaldo Livolsi, banchiere ed advisor, esperto internazionale dei mercati finanziari.
Prof. Livolsi, la Fed alza i tassi di 75 punti, esclude la recessione e le Borse si infiammano, Nasdaq vola, Bitcoin correlato al Nasdaq decolla dopo la notizia, cosa significa questo per l’economia mondiale?
La Federal Reserve con l’aumento della settimana scorsa ha portato il tasso di interesse al 2,25-2,5%. È stato il secondo innalzamento di tre quarti di punto nel giro di 40 giorni. L’istituto guidato da Jerome Powell non poteva fare altrimenti. Del resto, l’inflazione negli Usa continua a salire e ha raggiunto il 9,1% a giugno. Tuttavia, Powell ha ricordato che la Fed ha gli strumenti e la determinazione per tornare alla stabilità dei prezzi (“Senza stabilità – ha detto – non funziona nulla!”). Il mercato ha reagito in modo ottimistico e ha concesso un’apertura di credito alla banca centrale americana. In un certo senso la reazione della finanza d’oltreoceano è stata per così dire interlocutoria, mentre è vero che l’economia globale potrebbe risentire di una eventuale recessione Usa. Per venire all’altro punto della sua domanda, se il Nasdaq, l’indice dei titoli tecnologici, è salito del 4%, non dobbiamo dimenticare che i Bitcoin vengono da un periodo difficile e nel maggio scorso in una settimana hanno azzerato il valore di tutti i guadagni del 2021. In un ciclo di instabilità economico-finanziaria come l’attuale, continua a pesare sulle criptovalute un’aura di opacità, di poca trasparenza e non regolamentazione che le penalizza. A ciò poi si sono di recente aggiunti un aumento delle commissioni, i ritardi nelle transazioni e anche fenomeni di truffe e hackeraggio.
Si pensa già ad un altro aumento dei tassi a settembre, non c’è il rischio di una politica monetaria troppo restrittiva?
A settembre c’è la possibilità che la Fed possa procedere a un aumento del tasso superiore a quello della settimana scorsa e che a fine 2022 si potrà raggiungere un livello dei tassi intorno al 3-3,5%. È giusto quindi chiedersi se la manovra restrittiva della banca centrale americana possa far cadere l’economia in recessione o ancora peggio intrappolarla nella stagflazione, la combinazione tra produzione stagnante e aumento dei prezzi. Come abbiamo detto, a giugno l’inflazione Usa ha raggiunto il 9,1%. Il contesto è molto problematico, con gli squilibri tra offerta e domanda collegati alla pandemia e ai prezzi più alti di cibo ed energia, insieme alle dinamiche indotte dalla guerra in Ucraina, che crea tensioni sui prezzi e sulla economia globale. Powell ha fatto capire che sarà un’operazione complicata, ha ricordato che “il sentiero è stretto”, ma che ci sono le condizioni per non fare rallentare troppo l’economia Usa. La Federal Reserve è indipendente dalla politica, ma la sua azione diventa fondamentale anche per il destino dell’Amministrazione Biden. Il leader della Casa Bianca non può presentarsi alle elezioni di midterm di novembre con un Paese in recessione e il rincaro dei generi di largo consumo fuori controllo, un argomento su cui i repubblicani sono da mesi all’attacco.
I dati sul PIL americano indicano nel secondo trimestre il Pil degli Stati Uniti segnare -0,9% da +0,5% attesi, questo può essere considerato il primo segnale di recessione?
L’economia degli Stati Uniti è in recessione tecnica, se è vero che ha registrato due trimestri consecutivi di contrazione. Tuttavia, bisogna andare oltre la tecnicalità dei numeri. Se guardiamo ad altri indicatori come quello del mercato del lavoro, nella prima metà dell’anno sono state assunte 2,7 milioni di persone. Lo stesso presidente Biden ha sostenuto che il Pil è calato dopo il grande rimbalzo della post pandemia, ma ha ricordato di guardare al tasso di occupazione che è solo al 3,6% e che in un anno e mezzo sono stati creati nove milioni di posti di lavoro (“A me – ha affermato – non sembrano numeri da recessione”). Biden ha poi annunciato un piano da 369 miliardi di dollari che dovrebbe rallentare in particolare i prezzi dell’energia e dei farmaci. Credo che sarà decisivo vedere come il Tesoro americano – la cui segretaria Janet Yellen ha anche lei cercato di rassicurare gli americani – e la Federal Reserve affrontino “il sentiero stretto” di cui ha parlato Jerome Powell: sarà necessario un rallentamento dell’economia e un indebolimento del mercato del lavoro per riportare il tasso di inflazione verso l’obiettivo del 2%.