La Libia è la polveriera del Mediterraneo. Se esplode, l’Italia subirà l’impatto più devastante.
Siamo i più interessati ad una stabilizzazione dopo il caos creato dalla eliminazione di Gheddafi. Per questo Draghi dovrebbe avviare con Erdogan una collaborazione strategica proprio a partire dalla Libia. Nella nuova visione della Nato, l’Italia deve ritagliarsi lo spazio di Paese leader dell’Alleanza nel cosiddetto Mediterraneo allargato. E non può non tenere conto dell’influenza che Erdogan ho conquistato in quest’area e dei suoi rapporti conflittuali con Putin.
Erdogan, è il leader politico euroasiatico più abile e complesso.
Al potere dal 2003, come Primo ministro e dal 2014 come Presidente è il capo indiscusso del partito di maggioranza relativa turco Akp.
Eletto democraticamente, sopravvissuto nel 2016 ad un tentativo di golpe, non è certamente un campione della democrazia liberale. Ha islamizzato la Turchia, cancellando la storica impronta laica voluta da Kemal Ataturk. Ha usato il pugno di ferro con i curdi massacrandone decine di migliaia e non erano mica tutti terroristi. Ha sulla coscienza la repressione dei moti studenteschi di piazza Taksim nel 2013 (una trentina di morti e 8mila feriti). Ha instaurato una legislazione che colpisce al cuore la libertà di stampa. Ha messo sotto tutela la magistratura. Ha sbattuto in galera migliaia di persone accusate di vilipendio del Capo dello stato. Un autocrate, insomma.
Draghi l’8 aprile del 2021 lo definì “dittatore di cui abbiamo bisogno”, dopo lo sgarbo con cui Erdogan aveva lasciato in piedi Ursula von der Leyen. Erdogan si arrabbiò. Si arrivò quasi alla rottura delle relazioni diplomatiche.
Ma cinque mesi dopo Draghi, presidente del G20, invitò con molta cordialità Erdogan al vertice mondiale correggendo il tiro e insistendo sulle eccellenti relazioni tra Roma e Ankara.
Le abilità diplomatiche di Erdogan
Erdogan è un equilibrista di prim’ordine nella politica internazionale. Sgomitando di qua e di là si è creato un suo spazio di azione che non va sottovalutato. Abilissimo a sfruttare il suo ruolo come è ha fatto nel via libera a Svezia e Finlandia nella Nato. Membro dell’Alleanza Atlantica con l’esercito più numeroso del Vecchio Continente, la Turchia compra sistemi antimissile da Putin. Nella guerra all’Ucraina la Turchia non applica le sanzioni, accoglie gli oligarchi braccati dall’Occidente, ma blocca il Bosforo alla flotta di Putin. I suoi droni consentono a Zelensky di colpire l’armata russa.
È l’unico leader agganciato all’Occidente che parla con Putin con facilità. Non sappiamo cosa si dicono. Ma di sicuro si capiscono.
I rapporti di collaborazione-competizine con Putin
Tra i due c’è uno strano rapporto di collaborazione-competizione. Sarà perchè se la intendono nella gestione del potere autocratico, sarà perchè ciascuno dei due si sente più furbo dell’altro. Nei fatti hanno giocato da protagonisti nelle ultime vicende belliche. Nella guerra contro Assad, Erdogan si è trovato di fronte Putin difensore del dittatore di Damasco. Ma poi, a guerra finita, è la Russia che assicura il rispetto degli accordi da parte dei siriani.
In Libia sono presenti entrambi, ma su fronti opposti: Putin ha una base aerea in Cirenaica, e sostiene Haftar insieme a Egitto, Arabia Saudita ed Emirati. Erdogan è alleato di Tripoli come l’Europa e gli Stati Uniti.
La Libia è la polveriera del Mediterraneo. Se esplode, l’Italia subirà l’impatto più devastante
Siamo il Paese che ha il maggior interesse ad una stabilizzazione dopi il caos creato dalla eliminazione di Gheddafi. Per questo Draghi dovrebbe avviare con Erdogan una forma di collaborazione strategica nel Mediterraneo. Nella nuova strategia mondiale della Nato l’Italia deve ritagliarsi lo spazio di Paese leader dell’Alleanza nel cosiddetto Mediterraneo allargato. E non può non tenere conto dell’influenza che la Turchia si è conquistato.