Alla fine del 2021, un anno d’oro per i mercati mondiali, tutti gli esperti guardavano ad un unico fattore di rischio: l’inflazione. Che è diventata un’angosciante realtà, amplificata dalla guerra e dai conseguenti blocchi alle forniture, dall’eccesso di domanda e dal rally delle materie prime. Le banche centrali hanno fatto quello che prevedono i manuali : alzare i tassi d’interesse, applicando dure strette monetarie che hanno spaventato i mercati. Qualcosa da migliorare sulle modalità comunicative, soprattutto della BCE, ci sarebbe, dicono alcuni, ma passiamo avanti. A questo ci si chiede: la bufera sta passando o il peggio deve ancora arrivare?
Il sondaggio di MF
Uno studio di MF-Milano Finanza ha chiesto il parere di 40 gestori di società d’investimento tradizionali, private equity, club deal e family office, che hanno provato a tracciare le loro previsioni per i prossimi sei mesi.
Dalle risposte emerge l’incertezza che regna non solo nelle borse, ma tra gi esperti: quasi il 30% degli intervistati ritiene che nel semestre Piazza Affari possa rimbalzare tra il 5 e il 10%, ma c’è ancora un 35% che pensa che il peggio non sia ancora passato.
Passando dall’Italia all’Europa, anche lo Stoxx 600, divide gli esperti, mentre per Wall Street le prospettive sono ancora più incerte: un quarto dei money manager, la maggioranza relativa, è convinto che la borsa americana possa flettere di un ulteriore 5-10% prima di iniziare la risalita.
Altro quesito scottante riguarda le politiche delle Banche Centrali: emerge un maggiore apprezzamento per la chiarezza della Federal Reserve, mentre più incerte sono considerate le indicazioni arrivate dalla Banca Centrale Europea: per un terzo dei gestori la Bce non ha ancora sparato tutte e cartucce, con possibili inasprimenti di quanto già emerso. Per lo spread Btp-Bund, dopo i picchi delle scorse settimane (superati i 250 punti), dovrebbe essere sotto controllo: il 60% dei money manager ritiene che il differenziale da qui a fine anno possa rimanere sui livelli attuali, tra 190 e 200.
Sul petrolio, il 40% degli Intervistati pensa che scenderà nei prossimi mesi sotto i 100 $ a barile.
La Cina sotto i riflettori (e le speranze)
Se questo e’ il frame nel quale ci muoviamo, quali scelte stanno adottando i gestori? Una prima indicazione riguarda una possibile ripresa dei mercati cinesi dopo due anni turbolenti. Lo pensano quasi tre gestori su quattro (73%), e oltre la metà dei partecipanti (53%) ritiene che le borse di Shanghai-Shenzen e Hong Kong possano essere la prima scelta a livello di allocazione geografica dei propri investimenti, appena sotto (55%) gli Stati Uniti. L’Europa, che alla fine dello scorso anno era l’area preferita dal 70% dei gestori, ha perso ora gran parte del suo appeal, e neanche un quarto degli investitori istituzionali la indica come borsa su cui puntare nel secondo semestre.
Il sentiment degli esperti
La prima metà del 2022 dei mercati azionari è stata complicata e caratterizzata da forte volatilità. A livello di asset allocation i money manager hanno pochi dubbi: è tempo di tornare a inserire il reddito fisso nei portafogli, anche in quelli più aggressivi. Alla fine dello scorso anno l’allocazione media di bond in una strategia speculativa si aggirava intorno al 15%: oggi questo valore è quasi raddoppiato, raggiungendo il 28%. Il tutto, considerato che la percentuale di liquidità rimane grossomodo stabile, a scapito dell’azionario, che anche nei portafogli ad alto rischio è sceso dal 72% al 59%.
Le previsioni di Bank of America: dopo l’Orso arriva il Toro (insegna la storia)
Come riportato da We Wealth, secondo Bank of America , il mercato orso in cui l’S&P 500 – il principale indice azionario statunitense – è entrato la scorsa settimana potrebbe finire prima del previsto. Secondo Bank of America, gli investitori devono sopportare infatti ancora solo pochi mesi di mercato ribassista. Poi sarà mercato toro per diversi anni.
A dirlo è direttamente la storia. Come ha riportato Michael Hartnett, chief investment strategist di Bank of America Global Investment Strategy, a MarketWatch, il calo medio da picco a picco di un mercato-orso è del 37,3% e si consuma nell’arco di 289 giorni. Se questo schema venisse rispettato, il 19 ottobre 2022, giorno in cui ricorre il 35° anniversario del “lunedì nero” – così come è definito il crollo del mercato azionario del 1987 – sarebbe la fine del periodo di sofferenza che, sempre secondo le medie statistiche, potrebbe portare l’S&P 500 giù fino a 3.000 punti.
Ad ogni modo la fine di un mercato-orso segna tipicamente l’inizio di un mercato-toro, che in genere è più longevo. Stando al report di Bofa, un bull market infatti ha una durata di 64 mesi, periodo in cui in media il mercato guadagna il 198%. Secondo Harnett, il prossimo mercato toro vedrà dunque l’S&P 500 a 6.000 punti entro il febbraio 2028.
Usare la razionalità può aiutare a non prendere decisioni affrettate e poco lungimiranti.