Presentata la sesta relazione annuale al Parlamento del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale. Presente il Capo dello Stato, la Presidente del Senato, le ministre della Giustizia e dell’Interno e altre alte Autorità responsabili delle aree di lavoro del Garante. Ogni anno la Relazione ha sviluppa le analisi del presente e le richieste per il futuro a partire da un filo conduttore. Quest’anno è stato quello del tempo, dei suoi mutamenti per chi è ristretto in questi luoghi chiusi, delle sue attese spesso troppo lunghe e che spesso non sono considerati da chi ha la responsabilità decisionale sulle persone e il loro ritorno alla libertà.
Il tempo è quindi declinato nei diversi ambiti di competenza del Garante: detenzione penale, trattenimento delle persone migranti e rimpatri forzati, trattamenti sanitari obbligatori, ricovero in strutture sanitarie-assistenziali, arresti o fermi. La linea dell’azione del Garante in queste situazioni è la tutela della dignità di ogni persona e la tutela della sua integrità fisica e psichica. Quindi il Garante è elemento di prevenzione di ogni possibile maltrattamento e di contrasto a qualsiasi forma di impunità.
Gli argomenti trattati partono dalla difficoltà che si è vissuta e si vive in tutti questi contesti a seguito della pandemia: difficoltà vissuta allora, e testimoniata dai dati forniti dal Garante, e difficoltà di ripresa adesso testimoniata nella Relazione da contributi che parlano di luoghi dove la normalità non è ancora tornata. La necessaria normalità. In questo contesto il Garante ha sottolineato la positività della Commissione presieduta da Marco Ruotolo, che ha indicato per il carcere azioni da compiere sul piano amministrativo e regolamentare, e ne ha richiesto una rapida attuazione. Ma, l’anno di riferimento della Relazione parla delle indagini e dell’avvio dei processi per quegli episodi denunciati e spesso documentati. Le violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere sono riprese nella Relazione proprio per l’incidenza che in questo caso ha avuto il tempo e l’immediatezza degli interventi di accertamento.
Così come simmetricamente ha censurato la dilatazione del tempo nel caso di Torino in cui l’udienza è stata fissata nel luglio 2023. Come è noto, il Parlamento ha meno di cinque mesi di tempo per dare definizione legislativa al riassetto dell’impianto normativo delle preclusioni automatiche all’accesso ai benefici penitenziari e alla liberazione condizionale, prescritto dalla nota ordinanza della Corte costituzionale. Sottolinea il tempo di attesa che ciò determina in persone che potrebbero essere già in linea con parametri richiesti e che ben sanno che la situazione attuale è stata dichiarata dalla Corte costituzionale contraria al dettato della Carta. La possibilità di decidere nelle Rsa. Il Garante si interroga su cosa significhi tutelare la vita di una persona molto anziana quando, proprio perché non sia preda di azioni di altri o non sia esposto al pericolo di contagio venga del tutto provata in un caso dalla possibilità di decidere dove abitare e come impiegare il proprio tempo nell’altro dalla vicinanza dei propri affetti. È una contraddizione difficile da risolvere, ma certamente non aiutano le decisioni basate solo sull’astratto principio di tutela legale e su una idea di vita che prescinde totalmente dagli aspetti emotivi e relazionali.
Alcuni casi venuti alla cronaca sono indicativi di tale disattenzione. Nel 2021 la Corte costituzionale è stata investita della questione delle Rems. Nel suo complesso, la sentenza prefigura interventi correttivi al sistema che, solo se letti in modo restrittivo, potrebbero essere interpretati come un sostegno per un passo all’indietro da chi in fondo non ha condiviso i principi ideali e realmente riformatori della legge di chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg). Un eccessivo aumento della disponibilità di posti nelle Rems prefigura, infatti, il rischio reale di un uso diffuso e generalizzato della misura di sicurezza. Certamente, si tratta di una riforma ancora acerba e che deve entrare nella cultura di tutti gli operatori coinvolti, ma senza nessun rimpianto del passato. Il Garante nella sua Relazione sottolinea che non è possibile continuare a qualificare come emergenza il problema dei flussi migratori, delle morti di coloro che giungono via mare, del mancato positivo inserimento di coloro che hanno un progetto migratorio non segnato da illegalità e criminalità come emergenza. Va sviluppata una politica strutturale che dia certezze alla collettività ma che sappia anche dare possibilità di approdo legale e di accoglienza dignitosa.
Fonte foto: Imagoeconomica – Fonte video: quirinale.it