“Se le proiezioni dell’inflazione saranno maggiori del 2,1% al 2024, allora la Bce considererà un più ampio rialzo dei tassi” a fine estate, ha spiegato la numero uno dell’Eurotower. Con la svolta della governatrice s’è archiviata l’era del ‘‘whatever it takes’’.
Giornata di grande affanno per le Borse mondiali, dopo il discorso della Lagarde che ha evocato il ricordo, ancora vivo, di quello del 12 marzo 2020, al quale i mercati risposero in maniera dura: alla decisione della Bce di avviare il rialzo dei tassi e chiudere gli acquisti dei titoli di Stato si aggiunge il dato sull’inflazione Usa, con i prezzi che a maggio sono aumentati dell’8,6%, toccando così i massimi da 40 anni.
Milano ha risentito più di tutte le alte Piazze dell’annuncio della Governatrice della Bce: Piazza Affari chiude con un -5,17%, complice anche Bper particolarmente penalizzata dopo la presentazione del piano industriale al 2025, in compagnia di tutto il comparto bancario . Netti ribassi, ma meno pesanti, sulle altre Borse: Londra -2,17%, Francoforte -3,05%, Parigi -2,69%. Procede in forte calo anche per Wall Street: il Dow Jones cede il 2,47%, lo S&P500 il 2,5% e il Nasdaq il 3,54%
Ma cosa ha colpito i mercati del discorso della Lagarde? In primis, un aumento di 25 punti base a luglio, con quello di settembre che sarà più pesante a meno che l’inflazione non migliori. Dall’altra parte dell’oceano Atlantico, tiene banco l’inflazione Usa che corre e che mette la Fed di nuovo con le spalle al muro per accelerare il ritmo della stretta monetaria già avviata.
La divisa unica si posiziona in chiusura sotto quota 1,06, ai minimi da 3 settimane. Lo spread tra Btp italiani e Bund tedeschi si conferma in tensione e termina a 224 punti, ai massimi da maggio 2020, con il rendimento del decennale italiano che si ferma al 3,74%.
Quel pasticcio dello spread
Il mercato sperava e confidava nell’annuncio di un qualche piano per restringere gli spread nell’Eurozona che non c’è stato, e la Lagarde si è presentata in conferenza stampa con un annuncio in parte prevedibile e previsto. Ma è la strategia comunicativa, molto spesso, a fare la differenza. Nonostante la rassicurazione circa la flessibilità necessaria, all’occorrenza, per contenere gli spread, i BTp ormai offrono rendimenti di oltre il 2% in più rispetto ai Bund e la BCE crede che non ci sia motivo di agire per ridurre tali distanze. Disattese, quindi, le indiscrezioni della vigilia su uno scudo per proteggere i Paesi più indebitati.
Il mancato appoggio ai Paesi più indebitati
“Nel caso di nuovi casi di frammentazione finanziaria dovuta alla pandemia, i reinvestimenti del programma Pepp possono essere regolati nella tempistica, nel tipo di asset e giurisdizioni in qualsiasi momento”, scrive infatti il board, chiarendo quindi che non c’è allo studio un piano contro l’eventuale allargamento degli spread, ma che si farà affidamento sulla flessibilità nei reinvestimenti dei titoli in scadenza.
“Abbiamo strumenti esistenti, come i reinvestimenti in ambito Pepp – ha precisato però Lagarde – si tratta di 1.700 miliardi che potrebbero se necessario essere reinvestiti con la massima flessibilità. Inoltre se necessario potremmo dispiegare nuovi strumenti o adattare quelli esistenti per assicurare la corretta trasmissione della politica monetaria. Ma siamo totalmente impegnati a contrastare la frammentazione finanziaria”.
Siamo tanto, troppo lontani, dal “whatever it takes” di Draghi.