sabato, 16 Novembre, 2024
Società

Svantaggio economico influisce su risultati scolastici

Dove nasci e in che famiglia cresci fa la differenza sul tipo di opportunità e stimoli cui accedi. Con conseguenze sui successivi risultati scolastici ma soprattutto sul futuro dei giovani che vengono dalle famiglie svantaggiate.

Per questa ragione, in un mondo che richiede livelli di conoscenza e competenze sempre più elevate, una delle sfide più importanti per il sistema scolastico è l’equità. Garantire a tutti, a prescindere dal reddito e dalla condizione della famiglia, le stesse possibilità, in particolare per chi viene da una situazione di svantaggio. Lo svantaggio nei risultati scolastici dei ragazzi che provengono dalle famiglie povere -secondo una ricerca di Openpolis – emerge verso i 10 anni. Esso è il prodotto delle diverse opportunità ricevute, a partire dai primi anni di vita. L’aver ricevuto o meno l’istruzione pre-scolare, l’accesso all’offerta culturale e educativa, la scuola frequentata. Il gap si allarga negli anni successivi, riproducendo le disuguaglianze di partenza. Questa relazione non è necessariamente causa-effetto, data l’esistenza di eccezioni (i ragazzi top perfomers provenienti da situazioni di svantaggio).

Ma soprattutto non è inevitabile, dato che esistono sistemi scolastici più o meno equi. In media, in 26 paesi dell’Ue su 28 gli studenti con uno status socio-economico-culturale più basso si trovano sistematicamente al di sotto del punteggio considerato sufficiente per le scienze. Una tendenza che riguarda anche l’Italia, collocata nella seconda metà della classifica dei paesi Ue. Questi dati aiutano a esemplificare il processo descritto in precedenza. Se chi viene da un contesto più deprivato non arriva alle competenze minime richieste nel mondo di oggi, in futuro avrà più difficoltà a trovare un’occupazione stabile e a sottrarsi dall’esclusione sociale. Una tendenza che preclude ogni possibilità di mobilità sociale, soprattutto se si confrontano i risultati dei ragazzi svantaggiati con quelli dei top performers nei diversi paesi. Ovvero gli studenti che si trovano nel primo quartile per il livello di competenza ottenuto.

L’Italia, tra i maggiori paesi dell’Unione europea, spicca per due elementi. Da un lato, il secondo peggior risultato medio (a un punto dalla Francia) degli studenti svantaggiati. Dall’altro, nonostante il piazzamento negativo, il divario è ridotto a causa del risultato peggiore (in media) degli stessi top performers.

Tendenze da monitorare, soprattutto alla luce delle differenze territoriali presenti nel nostro paese. In Italia la relazione tra status socio-economico-familiare e i livelli di apprendimento rilevati nei test Invalsi si verifica per tutti i livelli di istruzione, dalle elementari alle superiori, e in tutte le materie esaminate.

I risultati in italiano degli alunni del terzo anno delle medie inferiori mostrano in modo piuttosto nitido questo tipo di disuguaglianze. In più di un caso su 2 (53,7%) gli studenti provenienti dalle famiglie deprivate non raggiungono un livello sufficiente. Solo il 17,5% raggiunge i risultati migliori (livelli di apprendimento 4 e 5) contro il 54% di quelli con famiglie più benestanti. L’impatto di queste disuguaglianze cambia notevolmente tra le diverse aree del paese. Nel nord-est gli alunni svantaggiati che ottengono risultati negativi sono il 43,9%, quota che sale attorno al 50% nel nord-ovest e nel centro.
Al sud e nelle isole questa cifra è molto più alta e raggiunge quasi il 65%.

Un dato che si inserisce in una tendenza più generale, dal momento che nel mezzogiorno è più alta la quota di risultati insufficienti anche per i ragazzi delle famiglie più benestanti (22,5% contro il 12,1% del nord-ovest). Ma che colpisce ancora più per gli studenti che vengono da un contesto più difficile.

Perché per molti di loro la scuola è l’unica opportunità che avranno per migliorare la propria condizione. E non è un problema solo degli studenti. È una questione che investe tutta la società, perché le prospettive future del paese passano anche dall’innalzamento dei livelli di istruzione, e da quanto la scuola è in grado di colmare le disuguaglianze. (Italpress)

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