venerdì, 15 Novembre, 2024
Economia

Il cappio di racket e strozzini che soffoca le imprese

Al Nord o al Sud poco cambia, il fenomeno dell’usura impera nel nostro Paese secondo il 30% delle nostre imprese, di cui il 27% a livello nazionale. Ne sono preoccupati il 19,1% degli imprenditori meridionali, dato di poco superiore al 17,7% medio degli imprenditori del resto d’Italia. E certamente pandemia e guerra non hanno aiutato imprenditori e commercianti sul piano della sicurezza, resi più fragili e vulnerabili per la minore liquidità e accesso al credito. Usura e racket sembrano prosperare soprattutto nelle grandi città come Roma. Le temono, infatti, il 16,2 % delle imprese dei grandi centri contro un dato medio nazionale dell’11,8 per cento. Questi sono alcuni dei dati emersi dal Report nazionale sulla percezione dell’usura condotta da Confcommercio e presentato a Roma in occasione della Giornata nazionale “Legalità’, ci piace”. Per lo studio, in Italia oggi a elevato rischio sono 30.000 piccole aziende del commercio e dei pubblici esercizi.

Le imprese del Sud denunciano di più

Contro ogni previsione, sono proprio le imprese del Sud che, di fronte a fenomeni di usura e racket, ritengono per il 66,7% che si debba sporgere denuncia, un valore ampiamente superiore alla media nazionale del 58,4%. “Da noi c’è più consapevolezza del fenomeno – spiega Patrizia Di Dio, presidente di Confcommercio di Palermo – e di conseguenza la denuncia alle forze dell’ordine viene percepita come un’esigenza imprescindibile per arginare questo fenomeno. Possiamo calcolare che almeno 2.500/3.000 imprese rischiano di essere ‘assorbite’ da chi, attraverso l’usura e l’estorsione, cerca di approfittare del livello di grave difficoltà delle aziende dei settori più colpiti. Lo Stato può e deve fare di più. Occorre eliminare gli ostacoli che si frappongono fra gli imprenditori e il diritto al credito”.

Le forze dell’ordine devono tutelare di più le imprese

Le denunce nel 2021 sono state 156, un numero che certamente non rappresenta le reali dimensioni del problema. “Nonostante l’usura sia il reato maggiormente diffuso tra le imprese del commercio, della ristorazione e della ricettività – ha spiegato il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli – e nonostante quasi il 60% degli imprenditori ritenga la denuncia il primo indispensabile passo, è uno dei reati che emerge con maggiore difficoltà. Le vittime hanno bisogno della vicinanza delle istituzioni, del presidio del territorio delle forze dell’ordine”.

In un anno 31 miliardi di perdite

Lo studio ha calcolato anche il costo nel 2021 dell’illegalità per le imprese italiane del commercio. Si parla di quasi 31 miliardi di euro, che comprendono le perdite dirette di fatturato dovute a eventi come abusivismo commerciale e nella ristorazione, contraffazione o taccheggio, le spese difensive, gli oneri in eccesso rispetto a una situazione di assenza di criminalità e i costi del cyber-crime. Particolarmente esposti sono risultati gli imprenditori del commercio al dettaglio non alimentare. La perdita complessiva annua del fatturato dei settori colpiti è del 6,3% del valore aggiunto, pari a 4,7 miliardi in meno, e mette a rischio quasi 200.000 posti di lavoro regolari.

Illegalità e degrado urbano vanno di pari passo

Per le imprese italiane il rischio di esposizione e fenomeni di illegalità cresce in forma direttamente proporzionale al degrado urbano. Nei grandi centri abitati con oltre 250.000 abitanti il 70% delle imprese ha rilevato negli ultimi anni fenomeni di degrado urbano e il 25% ha registrato nel medesimo periodo una diminuzione della qualità della vita.

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